
Trauma psicologico e patologie gastrointestinali: quale legame?
Il trauma psicologico può essere definito come un “evento emotivamente non sostenibile per chi lo subisce” (Liotti, Farina, 2011) o “un evento stressante dal quale non ci si può sottrarre poiché sovrasta le capacità di resistenza dell’individuo” (van der Kolk, 1996). Tra le tante esperienze che possono scatenare un trauma psicologico troviamo possono esserci calamità naturali (es. incendi, alluvioni, terremoti etc.), guerra, torture, violenza domestica, trascuratezza genitoriale, abusi sessuali, mobbing, quarantena, isolamento forzato e sequestro di persona, incidenti stradali, rapine e disastri aerei, malattie croniche (es. fibromialgia) o prognosi gravi (es. tumori, gravi patologie neurologiche etc.), rotture sentimentali o amicali e lutti complicati o traumatici.
Secondo le recenti ricerche scientifiche, il trauma della psiche è un rilevante fattore di vulnerabilità per il successivo sviluppo delle patologie infiammatorie croniche dell’apparato digerente (Morbo di Crohn, rettocolite ulcerosa, sindrome del colon irritabile etc.). Infatti, quando le persone assistono o sono vittime di un evento o una serie di eventi di tipo traumatico recenti o vissuti in età infantile, presentano delle modificazioni strutturali del Sistema Nervoso Centrale (SNC) come l’amigdala, l’ippocampo e l’ipotalamo. In quest’ultima area cerebrale è presente infatti un “processore” che coordina il legame tra la memoria traumatica e le sensazioni ad esso associate. Infatti, oltre ai traumi legati ai singoli eventi, anche ricevere la diagnosi di una malattia cronica rappresenta un evento ad alto impatto emotivo.
Per questo motivo, oltre alle terapie prescritte da gastroenterologi, endocrinologi e nutrizionisti che agiscono prettamente sul sintomo, è di cruciale importanza abbinare la terapia medica ad un percorso con uno psicoterapeuta specializzato in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale e perfezionato nel trattamento EMDR e nella Flash Technique per agire sulle cause psicologiche associate ai sintomi stessi. Infatti, ad oggi, le linee guida dell’OMS sostengono che “la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale individuale o di gruppo (CBT) focalizzata sul trauma oppure la Desensibilizzazione e la Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari (EMDR) dovrebbero essere indicare per bambini, adolescenti e adulti con Disturbo Post Traumatico da Stress” (OMS, 2013).
Così, solo affidandosi a dei professionisti specializzati in questi metodi basati su dati scientifici di alta rilevanza, le persone riusciranno a rielaborare gli eventi traumatici e le emozioni e le sensazioni ad essi associati facendo in modo che questi non rechino più fastidio e disagio nel presente. Tale processo sarà di cruciale importanza poiché si sperimenterà anche una considerevole riduzione e/o addirittura la totale la scomparsa di tutti i sintomi associati alle patologie dell’apparato digerente, riuscendo a recuperare la serenità e migliorando la propria qualità della vita.
BIBLIOGRAFIA
- Faretta E., “EMDR e psicosomatica. Il dialogo tra mente e corpo” (2020)
- Grant M. & Spagnolo P., “EMDR e dolore cronico. Quando è il corpo a parlare” (2021)
- Shapiro F., “EMDR. Principi fondamentali, protocolli e procedure (2019)
- Van Der Kolk B., “Il corpo accusa il colpo. Mente, corpo e cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche” (2015)
- Verardo A. R. & Lauretti G., “Riparare il trauma infantile. Manuale teorico d’integrazione tra sistemi motivazionali ed EMDR” (2020)
SITOGRAFIA
- www.emdr.it
- www.who.int

Perché e come il trauma psicologico si trasmette da una generazione all’altra?
Un trauma psicologico non è soltanto un evento in cui la propria sopravvivenza o incolumità vengono minacciate ma ciò comprende qualsiasi tipo di evento ripetuto nel tempo che viene percepito da un soggetto come non sostenibile dal punto di vista emotivo. Tra questi troviamo infatti calamità naturali (es. incendi, alluvioni terremoti etc.), guerra, torture, violenza domestica, trascuratezza genitoriale e abusi psicologici e sessuali, quarantena, isolamento forzato e sequestro di persona, incidenti stradali, rapine, disastri aerei, malattie o prognosi gravi e lutti complicati o traumatici.
Gli studi condotti negli ultimi anni confermano come le conseguenze di eventi particolarmente stressanti, se non adeguatamente rielaborate, possono trasmettersi da genitore, al figlio e al nipote, costituendo quella che noi psicotraumatologi chiamano trasmissione transgenerazionale del trauma.
Anche il padre della psicoanalisi Sigmund Freud e ancor prima di lui Pierre Janet parlarono di trasmissione filogenetica nei primi del Novecento, formulando l’ipotesi che gli eventi traumatici potessero essere trasmessi di generazione in generazione.
Ad oggi le ipotesi di Freud e Janet sono state confermate dall’epigenetica, la scienza che studia l’espressione e la variazione del nostro patrimonio genetico. Queste modifiche non si riferiscono a cambiamenti di tipo strutturale del DNA (genotipo), ma solamente nell’espressione genica (fenotipo). Infatti, le tracce lasciate dall’esposizione ad un fattore ambientale stressante o ad un grave trauma psicologico lasciano dei segni sul rivestimento chimico dei cromosomi (metilazione). In questo rivestimento è contenuta la “memoria” di ogni cellula del corpo che viene immagazzinato come ricordo “fisico” dell’evento che viene trasmesso durante la procreazione di generazione in generazione, regolando il grado e il tipo di espressione genetica, cioè come caratteristiche emotive e comportamentali si manifestano.
Quali sono le ipotesi che confermano gli effetti transgenerazionali e intergenerazionali del trauma?
La traumatizzazione secondaria: è necessario identificare in ogni generazione un effetto epigenetico o un disfunzionalità biologica, ipotizzando sia un effetto comportamentale. In poche parole, avere un genitore traumatizzato mette maggiormente a rischio la persona di sviluppare una disregolazione epigenetica:
- La riprogrammazione fetale: se una madre in gravidanza è esposta ad eventi particolarmente stressanti, il feto in utero subisce non solo modifiche a livello ormonale ma anche nelle cellule embrionale che definiscono l’assetto epigenetico;
- L’effetto transgenerazionale: si riferisce ai comportamenti e alle credenze disfunzionali del genitore sul figlio che contribuisce a modificare la trasmissione di modificazioni epigenetiche;
A sostegno di ciò, gli studi sui figli dei sopravvissuti all’Olocausto hanno dimostrato come queste persone abbiano una tendenza a sviluppare ansia o depressione ed hanno una ridotta capacità di resilienza nel fronteggiare eventi stressanti con ricadute negative sul funzionamento personale, lavorativo e scolastico.
Dunque, l’EMDR e la Flash Technique possono essere quindi largamente utilizzate per bloccare la trasmissione transgenerazionale del trauma poiché il meccanismo epigenetico è fortunatamente reversibile in quanto non rappresenta una modifica strutturale del DNA.
BIBLIOGRAFIA
- Fernandez I, Verardo A. R., “EMDR: modello e applicazioni cliniche” (2019)
- Knipe J., “EMDR Toolbox. Teoria e trattamento del PTSD complesso e della dissociazione” (2019)
- Liotti G., Farina B., “Sviluppi traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa” (2011)
- Van Der Kolk B., “Il corpo accusa il colpo. Mente, corpo e cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche” (2015)
- Verardo A. R., Lauretti G., “Riparare il trauma infantile. Manuale teorico d’integrazione tra sistemi motivazionali ed EMDR” (2020)

Adolescenti “ribelli”: quando bisogna preoccuparsi?
INTRODUZIONE
Secondo recenti ricerche, l’adolescenza è quel periodo di tempo compreso tra i 10 e i 25 anni in cui accadono diversi cambiamenti fisici, psicologici, emotivi e socialiche contribuiscono alla formazione della personalità dell’individuo. A causa dei no
tevoli cambiamenti socioculturali tipici della nostra epoca, l’inizio della fase adolescenziale è di natura biologica mentre la sua fine è di natura socioculturale poiché, rispetto al passato, la pubertà insorge più precocemente mentre si allunga il periodo di transizione verso una posizione lavorativa soddisfacente e l’indipendenza economica.
Durante questo periodo caratterizzato da enormi potenzialità e da grandi rischi, il cervello cambia in base alle esperienze che compie a causa della neuroplasticità cerebrale, raggiungendo la piena maturità dopo i 20 anni. Infatti, si potenziano le connessioni tra il sistema limbico, area cerebrale formata da amigdala e ippocampo che è deputata alla produzione delle emozioni e tra la corteccia prefrontale che svolge l’attività di regolazione delle emozioni, della capacità di giudizio e della presa di decisione.
COMPORTAMENTI NELLA NORMA E PATOLOGICI
L’organizzazione mondiale della sanità ha affermato che il 75 % dei disturbi mentali si manifesta in maniera evidente entro i 25 anni, tendendo poi a stabilizzarsi e complicarsi in età adulta. In questo periodo infatti, la continua ricerca della novità può sfociare in un incremento esponenziale della mortalità dovuta a abuso di sostanze, suicidi, traumi accidentali legati a distrazioni ed episodi di violenza. A ciò, possono aggiungersi anche forme di disagio simili a quelle che troviamo tra gli adulti come ansia, depressione, disturbi alimentari, psicosi e disturbi di personalità.
Tuttavia, allo scopo di evitare falsi allarmi e di informare sui comportamenti a rischio che potrebbero compromettere la salute psicofisica degli adolescenti, è bene fare una distinzione tra i comportamenti tipici di questa fase della vita e i comportamenti per cui bisognerebbe iniziare a valutare la consulenza di un professionista della salute mentale.
Tra i comportamenti tipici che rientrano quindi nella norma, troviamo infatti:
- frequenti sbalzi d’umore;
- maggiore attenzione al proprio aspetto fisico;
- abbassamento temporaneo della motivazione e della prestazione;
- maggiore conflittualità familiare che si manifesta con polemiche e contestazioni;
- fumare per curiosità tabacco, droghe leggere e consumare alcolici;
- difficoltà scolastiche temporanee;
- manifestare interesse per il sesso;
- richiesta di maggiore privacy;
- aumento dell’interesse per la tecnologia e i social network;
- sonno alterato, desiderio di vivere di notte e dormire fino a tardi nel fine settimana.
Invece, è bene iniziare a preoccuparsi in presenza dei seguenti comportamenti atipici:
- malinconia persistente, pensieri depressivi o idee di suicidio;
- rigido perfezionismo e ideali di magrezza restrittivi e non reali;
- incapacità di portare a termine le attività quotidiane, i progetti personali e le attività scolastiche;
- frequenti aggressioni fisiche e verbali, fughe da casa, marcata difficoltà a rispettare le regole;
- abuso di sostanze stupefacenti, alcolici e comportamenti conseguenti come spaccio, promiscuità sessuale e aggressività verso se stessi (es. autolesionismo) e verso gli altri;
- rifiuto o abbandono scolastico, bocciature, essere bullo o vittima di bullismo;
- gravidanze indesiderate, sessualità impulsiva e rischio di contrarre malattie veneree;
- scarsa o assente comunicazione in famiglia seguita da isolamento;
- trascorrere molte ore al computer e dare priorità alle relazioni virtuali;
- dormire tutto il giorno, stare svegli tutta la notte, saltare i pasti, arrivare abitualmente tardi a scuola e non portare a termine i progetti.
TRATTAMENTO
Se l’adolescente manifesta uno o più dei precedenti segnali d’allarme e tali comportamenti stanno compromettendo la sua qualità della vita, è fortemente consigliato di rivolgersi ad uno psicoterapeuta specializzato in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale (CBT). Infatti la CBT ci aiuterà a comprendere i motivi per cui i bambini e i ragazzi mettono in atto i comportamenti trasgressivi, a sviluppare più empatia nei confronti degli altri, a gestire le emozioni come la rabbia, tollerare la frustrazione e modulare l’aggressività. Inoltre, considerato lo stretto rapporto tra turbe adolescenziali e il trauma psicologico, è consigliato integrare la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale con il Trattamento EMDR e la Flash Technique.
BIBLIOGRAFIA
- Casalini M., Bartoli F., Crocamo C., Dakanalis A., Clerici M., Carrà G.,“Disentangling the Association Between Child Abuse and Eating Disorders: A Systematic Review and Meta-Analysis” (2016)
- Del Piero L. B., Saxbe D. E., Margolin G., “Basic emotion processing and the adolescent brain: Task demands, analytic approaches, and trajectories of changes” (2016)
- Goldstein M., Griffiths S., .Rayner K., Podkowka J., Bateman J. E., Wallis A., Thornton C. E., “The effectiveness of family-based treatment for full and partial adolescent anorexia nervosa in an independent private practice setting: Clinical outcomes” (2016)
- Kim K. J., Gerber J., “The Effectiveness of Reintegrative Shaming and Restorative Justice Conferences.Focusing on Juvenile Offenders’ Perceptions in Australian Reintegrative Shaming Experiments” (2012)
- Lock J., La Via M.C., American Academy of Child and Adolescent Psychiatry (AACAP) Committee on Quality Issues (CQI), “Practice parameter for the assessment and treatment of children and adolescents with eating disorders” (2016)
- Patel V., Flisher A. J., Hetrick S., Mc Gorry P., “Mental health of young people: a global public-health challenge” (2007)
- Pepping C. A., Duvenage M., Cronin T. J., Lyons A., “Adolescent mindfulness and psychopathology: The role of emotion regulation” (2016)
- Quaderni di psicoterapia cognitiva n. 39 (2016)

Riconoscere e liberarsi dalla depressione
CARATTERISTICHE E SINTOMATOLOGIA
La depressione è una tra le malattie mentali più diffuse ed è purtroppo in continua crescita. Il suo esordio è sempre più precoce (intorno ai 15 anni circa) e a soffrirne maggiormente sono i giovani adulti tra i 25 e i 44 anni, soprattutto le donne. Questo disturbo psichiatrico non ha nulla a che vedere con uno stato di tristezza passeggera caratterizzato da un calo momentaneo dell’umore, stress, stanchezza e nervi a fior di pelle che tende poi a risolversi spontaneamente. Infatti, essere depressi significa essere inghiottiti da una condizione di malessere generale caratterizzata da diversi sintomi cognitivi e corporei a cui segue una compromissione significativa della qualità della vita. Tra questi sono presenti:
- un basso tono dell’umore per la maggior parte del tempo
- la mancanza di piacere per tutto ciò che prima era fonte di felicità e per cui ci si sentiva soddisfatti
- una perenne sensazione di stanchezza senza aver compiuto degli sforzi
- frequenti sentimenti di colpa ed autosvalutazione
- facile irritabilità e difficoltà a mantenere la concentrazione
- aumento o diminuzione drastica del sonno e della sua qualità
- aumento o diminuzione di peso e dell’appetito
- calo o riduzione del desiderio sessuale
- idee e rischio di suicidio (nel 15% dei casi) sia pensieri automatici di contenuto negativo
Inoltre, non è raro che insieme alla depressione possano svilupparsi altri disturbi psicologici (ad esempio un disturbo d’ansia) che peggiorerebbero ulteriormente la situazione generale.
CAUSE
Nella depressione non esiste una causa unica ma il suo esordio è dovuto all’interazione tra fattori genetici, un supporto sociale povero o instabile e l’interpretazione negativa di qualsiasi evento di vita stressante (es. un lutto, una separazione o la fine di una storia sentimentale, problemi economici o la perdita del posto di lavoro). Così la persona depressa inizia gradualmente a sentirsi in un tunnel senza via d’uscita in cui domina l’idea della perdita percepita come irrinunciabile (“la mia vita non ha senso senza ciò poiché non posso farne a meno”), insostituibile (“niente e nessuno potrà mai prendere il posto del bene perduto”) e irrecuperabile (“non potrò più riaverlo”).
CONSEGUENZE
La persona depressa inizierà ad essere sopraffatta da pensieri intrisi di negatività che riguardano se stessi in quanto a dominare sarà l’idea di essere un fallito e non amabile, il mondo viene percepito come ingiusto e il futuro immaginato come buio e privo di speranza. Inoltre, questa condizione tende a protrarsi e a mantenersi nel tempo perché lo stato di negatività vissuto diviene a sua volta un ulteriore motivo di autocritica. Infatti, l’individuo inizierà a pensare che il suo atteggiamento di autocritica sarà un’ulteriore prova di non valere nulla, rinforzando la convinzione di essere diventato insopportabile per gli altri e di non meritare affetto, amicizia e vicinanza. A ciò si aggiunge la messa in atto di tentativi di soluzione disfunzionali come il rimuginio sul futuro, la ruminazione sul passato e il focalizzarsi troppo sul bene perduto, abbandonando gli altri aspetti della vita come hobby, amicizie e altri interessi personali.
QUAL E’ LA TERAPIA PIU’ CORRETTA?
Se leggendo queste righe vi siete riconosciuti in alcuni aspetti della depressione, è consigliato non aspettare ancora ma agire quanto prima poiché la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente e di conseguenza i tempi di guarigione potrebbero allungarsi. Il primo passo da fare per riprendere in mano la vostra vita è contattare uno psicoterapeuta, preferibilmente specializzato in psicoterapia cognitivo comportamentale e che abbia adeguate conoscenze della terapia EMDR e della Flash Technique. Infatti, diversi studi scientifici hanno dimostrato che la Psicoterapia Cognitivo comportamentale abbinata alla terapia EMDR e alla Flash Technique sono dei metodi molto efficaci nel trattamento della depressione in quanto mira alla riattivazione psicomotoria della persona e ad elaborare i pensieri e i sentimenti negativi, garantendo dei miglioramenti in tempi relativamente brevi e minimizzando il più possibile le possibilità di ricaduta.
Tuttavia, nelle depressioni di intensità media o grave, è sempre consigliata la combinazione tra psicoterapia cognitivo comportamentale e psicofarmaci. Infine, dopo aver fatto i dovuti accertamenti e considerando che ogni situazione è diversa dall’altra, sarà sempre il professionista della salute mentale a decidere se ricorrere alla sola psicoterapia oppure se integrarla eventualmente con la terapia farmacologica.
BIBLIOGRAFIA
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- Beck A. T. et al., “Gli approcci cognitivi alla depressione” (2004)
- Beck A. T., “Principi di terapia cognitiva. Un approccio nuovo alla cura dei disturbi affettivi” (1984)
- Bowlby J., “La perdita della madre” (2000)
- Bowlby J., “Costruzione e rottura dei legami affettivi” (1982)
- Castelfranchi C., Mancini F., Miceli M., “Fondamenti di cognitivismo clinico” (2002)
- Clark D. A., Beck A. T., Alford B. A., “Teoria e terapie cognitive della depressione” (2000)
- Perdighe C., Mancini F., Miceli M., “Elementi di psicoterapia cognitiva” (2010)
- Tillema L. J. et al., “Negative mood perceived self-efficacy and personal standards in dysphoria: the effects on contextual cues on self-defeating patterns of cognition” in “Cognitive therapy and research” (2001)