Il primo paziente non si scorda mai: il caso di G.
L’esperienza di psicoterapia per G., 34 anni, laureato in lettere classiche e bibliotecario: (altro…)
Learn MoreLiberarsi dal senso di colpa: la storia di B.
Qualche mese fa presso il mio studio arriva B., una giovane avvocatessa di media statura e ben curata nell’aspetto. (altro…)
Learn MoreChiudere la relazione con un narcisista: la storia di O.
RICHIESTA DELLA PSICOTERAPIA
Un po’ di tempo fa ricevo una chiamata da O., una commercialista sulla quarantina e concordiamo di fissare un appuntamento qualche giorno dopo. O. si presenta con i capelli raccolti, un trucco semplice e un abbigliamento non troppo vistoso. Non appena la invito ad accomodarsi nella mia stanza, la sua voce inizia a strozzarsi, dai suoi occhi inizia a sgorgare qualche lacrima e mi dice “Dottore, la mia vita sta andando a rotoli per diverse situazioni. Mi sento impotente e mi mancano le energie per fare qualsiasi attività. Anche una semplice camminata mi appare come una maratona. E’ come se avessi perso il piacere di fare qualsiasi cosa. Tutto mi appare un fallimento e mi sento la maggior responsabile di tutto questo. Ho sempre voglia di rimanere sola. Spesso mi deconcentro a lavoro e per questo ho chiesto al mio titolare due settimane di ferie anticipate. Tuttavia, ciò che mi crea maggior disagio è l’insoddisfazione per la mia attuale relazione sentimentale in cui il mio partner mi fa sentire umiliata e inadeguata, rialimentando costantemente il mio senso di inutilità”
Tra le tante situazioni che la preoccupano, mi riferisce “Voglio capire cosa sta accadendo tra noi due. Stiamo insieme da quattro anni ma negli ultimi tre i litigi relativi alla normale amministrazione della vita quotidiana sono aumentati. All’inizio sembrava un uomo brillante, intraprendente e sicuro di sè e nulla sembrava scalfirlo. Adesso litighiamo anche per le cose stupide. Ho sempre abbozzato credendo che pian piano le cose sarebbero tornate come prima e che lui sarebbe tornato quello all’inizio ma col passare del tempo ci siamo allontanati e lui nè sembra cogliere questa mia distanza nè mi viene incontro. Ho provato a prendere il discorso diverse volte ma è come parlare con un muro perché per lui va bene tutto e sono io quella strana. Sembriamo due coinquilini, a casa non c’è dialogo e lui non mi aiuta nei lavori domestici, come se tutto gli fosse dovuto. Penso di non essere una buona partner e non mi sento stimata. Mi sento come Cenerentola. Tutto o è dato per scontato o non va mai bene come dovrebbe. Tanto se sta bene lui stanno bene tutti… Tutto questo mi rende triste e non so più come uscire da questo vortice”
Nei successivi colloqui, le chiedo se generalmente ha avuto la sensazione di sentirsi trasparente agli occhi del suo partner e se a questi comportamenti di trascuratezza seguissero sentimenti di tristezza, delusione, senso di inadeguatezza e autosvalutazione. O. conferma queste mie prime affermazioni. Inoltre, le chiedo anche se avesse notato che il suo partner evitasse la vicinanza emotiva, considerandola superficiale e se nelle discussioni fosse verbalmente aggressivo quando gli si faceva notare che lui sbagliasse. Anche queste seconde affermazioni vengono confermate e la paziente mi riporta alcuni episodi in cui ciò era accaduto. Approfondendo ulteriormente questa relazione disfunzionale, riusciamo a capire che il suo compagno non sembra cogliere i bisogni degli altri, appare freddo e distaccato e tende a vivere la maggior parte delle relazioni per avere tendenzialmente un ritorno personale.
La mia paziente lo definisce un uomo “egoista, poco empatico e dalla sensibilità di una lastra di marmo”. Noi terapeuti abbiamo invece un nome per descrivere pensieri, emozioni e comportamenti di queste persone: Disturbo Narcisistico di Personalità.
ANDAMENTO DELLA PSICOTERAPIA
Nel corso della psicoterapia, ci focalizziamo su tutto ciò che la spinge a rimanere nella relazione, accettando continue umiliazioni e trascuratezze.
O. mi racconta che sin da piccola ha avuto la costante sensazione di essere vulnerabile indifesa. I suoi genitori erano spesso assenti per lavoro o per vicissitudini familiari e di conseguenza poco attenti ai suoi bisogni, se non quando lei si faceva in quattro per farli stare bene, compiacendoli in tutto e mettendo da parte i propri desideri di bambina. Questo modo di fare sembrava infatti le uniche modalità che da bambina O. aveva per ricevere un briciolo di considerazione da parte dei suoi genitori.
Le faccio notare che l’essere molto accudente e compiacente con gli altri sono modalità relazionali che ha imparato nel corso della sua infanzia poiché era l’unico modo che da piccola conosceva per ricevere stima, affetto ed attenzioni. Ed è per questo motivo che si è sempre incastrata in relazioni malate in cui gli altri erano poco o per nulla cooperativi e lei credeva di non dare mai abbastanza, sentendosi spesso in colpa, inadeguata e sbagliata. Rendendola dunque consapevole delle motivazioni per cui manteneva questa relazione, nella nostra terapia riusciamo a capire che esprimere e dare valore ai propri bisogni, senza calpestare quelli altrui, è un suo diritto come lo è dire di “no” per dare priorità ai propri desideri, senza sentirsi troppo colpevoli di come gli altri reagiranno.
FINE DELLA PSICOTERAPIA
Alla fine della terapia la paziente afferma “La psicoterapia mi ha aiutato a terminare questa relazione con quest’uomo sbagliato, a gestire meglio la relazione con me stessa e soprattutto con gli altri a livello sociale e lavorativo. Inoltre, faccio tesoro del fatto che ho imparato a mettere prima davanti me stessa piuttosto che il benessere altrui. Ho iniziato finalmente a sperimentare un notevole senso di libertà e una buona consapevolezza nelle mie scelte quotidiane, soprattutto sentendomi meno responsabile delle reazioni altrui in base alle mie scelte poiché ho imparato a dargli il giusto peso”.
CONCLUSIONI
Spero che il racconto di questa mia cara paziente possa essere un buon esempio per capire che tentare di cambiare i propri partner, continuando a soffrire inutilmente, non è mai la strada giusta da prendere. Infatti, non si soffre per come il partner si comporta ma per i motivi per cui ci si ostina a stare con lui, insistendo portare avanti una relazione tossica. Dunque, se si vuole dunque riprendere in mano la propria vita consapevolmente, è consigliabile affrontare i propri temi personali attraverso una psicoterapia cognitivo comportamentale.
Nota bene: La paziente ha acconsentito alla pubblicazione del seguente testo e, per tutelare ulteriormente la sua privacy, le sue generalità sono state modificate.
Learn MoreRitrovare la serenità dopo un abuso sessuale: la storia di Marta
RICHIESTA DELLA PSICOTERAPIA
Marta è una giovane ragazza di 25 anni attualmente iscritta alla facoltà di Giurisprudenza ed è prossima al coronamento della laurea.Terza figlia di un papà avvocato e di una mamma consulente del lavoro, è un’eccellente studentessa universitaria e nel tempo libero aiuta i suoi genitori nei rispettivi ruoli, cercando così di rendersi il più possibile utile.
Qualche mese fa mi contatta e, non appena la esorto ad accomodarsi nella mia stanza, il suo volto inizia ad intristirsi ed esordisce dicendo “Dottore, l’ho contattata poiché dopo un lungo periodo è giusto che io mi liberi di questo peso che mi porto ormai da diverso tempo. Sin dall’adolescenza, non riesco più ad iniziare una relazione sentimentale con un ragazzo e questo mi fa sentire sbagliata ed incapace rispetto alle mie coetanee, non permettendomi di avere delle relazioni sane. E’ strano da spiegare… E’ come se, non appena inizia ad interessarmi un uomo, inizio a sentire un senso di vergogna e di disgusto caratterizzato da un fastidio allo stomaco, al petto e alla gola conditi da un senso di viscidume generale. Queste sensazioni sono così forti che negli anni ho spesso rifiutato dei partner che mi piacevano per paura che tali reazioni sgradevoli si ripresentassero e mi facessero stare ancora più a disagio di quanto io già mi senta per questa situazione… Se non faccio qualcosa per risolvere questa cosa non riuscirò mai ad avere né una relazione sentimentale soddisfacente né costruire una famiglia in futuro…
Nei successivi colloqui, le chiedo se durante l’età adolescenziale sia accaduto qualcosa di negativo con qualche ragazzo. Non appena le chiedo questa cosa, mi accorgo che i suoi occhi iniziano a diventare gonfi irrorandosi di lacrime, il suo corpo diventa più rigido, il respiro inizia a cambiare d’intensità e mi riferisce “Durante il primo anno di scuole medie, alcuni miei compagni ed io avevamo l’abitudine di trovarci il fine settimana per cenare sulla spiaggia. In una di quelle sere, mentre aspettavo che i miei genitori mi venissero a riprendere, rimasi insieme con uno di questi ragazzi con cui condividevo una bella amicizia. Non lo avrei mai ritenuto capace di fare quello che successivamente fece a me. Iniziò a fare dei complimenti poco appropriati, a fare delle carezze e poi… questa persona si approfittò di me ed io, essendo totalmente spaventata, non ebbi né la forza di urlare né successivamente raccontarlo a qualcuno. Solamente a ripensare a quanto accaduto, inizio a sentire un senso di vergogna e di disgusto caratterizzato da un forte fastidio allo stomaco, al petto e alla gola, il tutto insieme a un senso di viscidume generale. E’ stato orribile!”
Noi terapeuti specialisti in psicotraumatologia e nel trattamento EMDR conosciamo bene le sensazioni fisiche che Marta mi riporta mentre mi racconta l’atroce accaduto: le chiamiamo infatti “Memorie corporee traumatiche” che, unite alle emozioni sgradevoli e ai pensieri negativi, costituiscono un elemento cardine per porre una diagnosi di un Disturbo da Stress Post Traumatico (PTSD).
ANDAMENTO DELLA PSICOTERAPIA
Nella fase iniziale della psicoterapia e nel suo prosieguo, Marta mi riferisce che teme di portare con sé questo fardello a vita, credendo falsamente di non potersene mai liberare. Catastrofizzando dunque la cosa, si immagina incapace di intraprendere nuovamente delle frequentazioni, rinunciando così ad una vita sentimentale soddisfacente.
A questo punto, allo scopo di darle una concreta speranza, la informo sul fatto che attraverso una specifica forma di psicoterapia ricca di solide basi scientifiche chiamata EMDR si riesce a rielaborare con successo ed in breve tempo l’esperienza traumatica in modo che essa non sia più fonte di fastidio o disagio nel presente. Dunque, le ribadisco che con ottime probabilità potrà tornare a frequentare dei partner in modo naturale e spensierato. Percependo nei suoi occhi un barlume di speranza e un accenno di sorriso, iniziamo la terapia. L’intero trattamento, considerata la fase diagnostica iniziale per valutare l’eventuale presenza di altre forme di psicopatologia, è durato complessivamente 15 sedute attraverso le quali il trauma psicologico è stato elaborato con enorme successo. Marta lascerà per sempre questo ricordo nel passato, facendo in modo che non sia più disturbante nel presente.
Infatti, nell’ultimo colloquio della terapia, Marta entra sorridente in studio affermando “Ho provato più volte a ripensare a quanto accaduto e vedo questo ricordo sfocato, più lontano e soprattutto non mi dà più fastidio. Grazie all’EMDR mi sento adesso più libera da questo fardello e non provo più quell’atroce senso di colpa e di inadeguatezza che non mi permettevano di andare avanti. Finalmente posso dire di stare bene!”.
CONCLUSIONI
Marta si è raccomandata che io scrivessi questo articolo e riportassi la sua storia per esortare le persone a chiedere aiuto quanto prima. Infatti, esaudendo il suo desiderio, vi cito testualmente le sue parole: “Dottore, non ha idea di quante amiche o conoscenti mi abbiano confidato di essere state vittime di situazioni simili e di quanto stiano soffrendo ancora. Per questo voglio che la mia testimonianza possa convincere chiunque a chiedere aiuto quanto prima ad uno psicoterapeuta così che tutti possano tornare a stare bene in breve tempo”. Infine, accennando un sorriso, conclude dicendo “A saperlo prima, non avrei aspettato così tanto tempo ma avrei dovuto subito sottopormi alla Psicoterapia Cognitivo Comportamentale e alla tecnica dell’EMDR ma oramai l’importante è che sto bene e che posso godermi la mia vita a pieno…”
Nota bene: La paziente ha acconsentito alla pubblicazione del seguente testo e, per tutelare ulteriormente la sua privacy, le sue generalità e l’andamento degli eventi sono stati modificati.
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