Riconoscere e sconfiggere gli Attacchi di Panico
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Learn MoreConoscere e curare il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC)
INTRODUZIONE
Il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) è una forma di psicopatologia caratterizzata sia dalla presenza di ossessioni che insorgono improvvisamente nella mente del soggetto sia dalle compulsioni, azioni ripetitive finalizzate a neutralizzare le ossessioni allo scopo di prevenire un disagio o una situazione temuta. Le ossessioni più comuni sono idee, pensieri e immagini ricorrenti, intrusive, fastidiose e prive di senso mentre le compulsioni consistono sia in azioni mentali come contare, pregare, fare formule di annullamento e attività di ruminazione sia in azioni comportamentali come pulire, mettere in ordine e controllare ripetutamente.
Il DOC, a differenza di altre forme di psicopatologia, non si manifesta in modo omogeneo ma esistono quattro principali categorie. Tra queste troviamo:
- il tipo “checking” che consiste in attività di controllo ripetute allo scopo di prevenire un atto di cui si teme di essere responsabili;
- il tipo “washing” è caratterizzato dall’ossessione della contaminazione di sostanze pericolose per la salute ritenute come disgustose;
- il tipo “hoarding” consiste in una condotta di accumulo e di conservazione di oggetti dalla dubbia utilità dovute alla credenza “un giorno o l’altro potrebbe servire”;
- il tipo “ordine/simmetria” si caratterizza per atteggiamenti di intolleranza e fastidio verso oggetti sistemati in modo disordinato.
La condotta ossessivo compulsiva ha sia la finalità di prevenire una colpa per timore di esserne responsabili sia di proteggersi da una contaminazione da sostanze disgustose. La sensibilità al disgusto e alla colpa deriva da esperienze in cui i soggetti con DOC hanno sperimentato una compromissione della loro dignità umana (Mancini, 1998). Ne deriva dunque che questi soggetti, a differenza di altre persone, sono particolarmente sensibili al disgusto e al senso di colpa poiché hanno un’alta aspettativa di essere disprezzati attraverso critiche e atteggiamenti di ostilità da parte di altre persone. Frequentemente le persone con DOC riferiscono infatti che nella loro infanzia hanno subito molteplici episodi di rimprovero molto severi come punizioni esagerate ed imprevedibili per piccoli errori caratterizzate da un disprezzo rabbioso da parte delle figure di riferimento.
COME CURARE CORRETTAMENTE IL DOC?
Le linee guida internazionali e diversi studi scientifici hanno dimostrato che il trattamento con la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale risulta essere il più efficace per curare il DOC poiché le ossessioni e le compulsioni si riducono drasticamente e si prevengono anche eventuali ricadute.
Nello specifico, la tecnica del repertorio cognitivo comportamentale che risulta più efficace nel ridurre le ossessioni e le compulsioni nel presente è l’ Esposizione con Prevenzione della Risposta (Exposure and Response Prevention – ERP). Inoltre, una volta stabilizzata la situazione nel presente, si utilizzano sia l’Immaginazione con riscrittura del ricordo (Imagery with Rescripting – IWR) sia la Desensibilizzazione e Riprocessamento attraverso i Movimenti Oculari (trattamento EMDR) e la Flash Technique che possono aiutare la persona e rielaborare i ricordi del passato che hanno contribuito a sviluppare e successivamente stabilizzare la psicopatologia, prevenendo così le ricadute in futuro.
Lo scopo finale della psicoterapia non sarà quello di aiutare il paziente nell’azzeramento della minaccia temuta ma nell’educarlo a tollerare un certo grado di rischio che ciò che teme possa accadere, imparando a convivere e a gestire il senso di colpa e le conseguenze associate ad esso. Tuttavia, nei casi in cui la sintomatologia sia più pervasiva, severa e cronica, è consigliato associare la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale ad una terapia farmacologica prescritta da un Medico Psichiatra.
BIBLIOGRAFIA
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- Mancini F., “Il disturbo ossessivo compulsivo” (2005)
- Mancini F., “Il disgusto e il suo ruolo nel disturbo ossessivo compulsivo” (1998)
- Mancini F., “La mente ossessiva. Curare il disturbo ossessivo compulsivo” (2016)
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- Perdighe C., Mancini F.,“Elementi di psicoterapia cognitiva” (2010)
- Summerfeldt L. J., Richter M. A., Antony M. M., Swinson M. P., “Symptom structure in obsessive-compulsive disorder: a confirmatory factor-analytic study” (1999)
- van Oppen P. e Arntz A., “Cognitive therapy for obsessive compulsive disorder” (1994)
Comprendere e affrontare l’ansia
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Learn MoreAnsia e pensieri negativi nell’impotenza sessuale
La Disfunzione Erettile (DE), nota anche come disturbo erettile ma più comunemente come impotenza, colpisce in Italia circa 3 milioni di uomini. Questo problema sessuale consiste nell’incapacità di raggiungere o mantenere l’erezione per un periodo di almeno 6 mesi, pur in presenza di appetito sessuale, e non deve dipendere nè da un altro disturbo mentale di tipo non sessuale nè da effetti collaterali di un farmaco o di un’altra condizione medica.
Per un’accurata diagnosi, è sempre necessario effettuare degli esami preliminari di tipo medico da un endocrinologo o da un andrologo per vedere se questo disturbo sessuale sia dovuto ad un problema organico. Esclusa la natura medica del problema, è necessario contattare uno psicoterapeuta per comprendere ed affrontare i fattori psicologici alla base dell’impotenza.
I fattori psicologici e relazionali dell’impotenza sono diversi. Tra questi, troviamo la paura dell’insuccesso poiché, quando viene ingigantito e drammatizzato il fatto che qualche volta si sia persa l’erezione, l’uomo sperimenta un aumento dell’ansia da prestazione. A ciò, si aggiungono il timore di essere abbandonato e di non essere amato, la difficoltà di abbandonarsi alle proprie sensazioni corporee, lo scarso coinvolgimento che abbassa la voglia di fare sesso o, contrariamente, l’eccessivo coinvolgimento il quale aumenta l’ansia da prestazione e, infine, situazioni stressanti di vario tipo come problematiche economiche o l’eccessivo carico di lavoro.
L’ansia da prestazione è dovuta ad un’eccessiva preoccupazione per la performance sessuale. Infatti, un primo o alcuni fallimenti, innescano nella mente del soggetto un circolo di pensieri fissati unicamente sulla prestazione che aumentano l’ansia, rendendo più probabile il fallimento. In questi casi infatti, a causa delle precedenti esperienze negative, l’uomo concentra l’attenzione unicamente sulle conseguenze della performance fallimentare poiché teme eventualmente di essere criticato, deriso e abbandonato. Inoltre, ad influire negativamente sul quadro, si aggiungono anche altri pensieri disfunzionali e convinzioni sbagliate socialmente diffuse in cui il fallimento sessuale dell’uomo viene generalmente visto come inaccettabile in quanto viene messa in discussione la sua virilità.
TRATTAMENTO PSICOTERAPEUTICO
Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale (CBT) e la Terapia Mansionale Integrata (TMI) sono dei metodi molto valido per il trattamento dell’impotenza. Infatti, il soggetto impara a riconoscere i pensieri disfunzionali e il continuo rimuginio sulla performance sessuale, a gestire l’ansia da prestazione e si possono risolvere eventuali dinamiche dannose presenti all’interno della coppia che contribuiscono a mantenere il problema presentato. Infine, considerato il legame tra eventi traumatici di vario tipo e disturbi sessuali, è consigliato integrare la CBT e la TMI con il Trattamento EMDR e la Flash Technique.
BIBLIOGRAFIA
- American Psychiatric Association, “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – 5° Edizione” (2013);
- Althof S. E., “Sex therapy and combined (sex and medical) therapy (2010);
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- Fenelli A., Lorenzini R., “Clinica delle disfunzioni sessuali” (2012);
- Giuri S. et al., “Cognitive attentional syndrome and metacognitive beliefs in male sexual disfunction: an exploratory study” (2016);
- Isola E., Maccarone B., “EMDR e Disturbi sessuali” (2019)
- Jannini E. A. et al., “Health related charachteristics ad unmet needs of men with erectile dysfunction: a survey in five European country” (2014);
- Jannini E. A., Lenzi A., Maggi M., “Sessuologia medica. Trattato di psicosessuologia e medicina della sessualità” (2007);
- Kaplan H. S., “Nuove terapie sessuali” (1974);
- Masters W. H. e Johnson V. E., “Human sexual inadequacy” (1970);
- McCarthy B. W. e Fucito L. M., “Integrating medication, realistic expectation and therapeutic intervention in the treatment of male sexual dysfunction” (2005);
- Metz M.e McCarthy B. W., “Coping with premature ejaculation” (2004);
- Perazzini F. et al., “Frequency and determinants of erectile dysfunction in Italy” (2000);
L’ipocondria: liberarsi dal timore delle malattie
Nella quinta edizione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, il Disturbo da sintomi somatici e il Disturbo da ansia di malattia comprendono le caratteristiche dell’Ipocondria, termine che ormai nella letteratura psichiatrica e psicologica non viene più utilizzato.
Infatti, entrambi i disturbi precedentemente menzionati rientrano nel capitolo “Disturbo da sintomi somatici e altri disturbi correlati” in cui sono presenti varie categorie diagnostiche accomunate da un elemento in comune: il disagio non è attribuito alla presenza dei sintomi somatici stessi ma piuttosto al modo in cui tali sintomi vengono interpretati in quanto ad essi si associano pensieri e comportamenti anomali. Dunque, l’assenza di una spiegazione di origine medica dei sintomi somatici non è più considerata il requisito primario per effettuare la diagnosi.
Il Disturbo da sintomi somatici si caratterizza per la presenza di uno o più sintomi somatici che, essendo erroneamente interpretati come segno di una patologia pericolosa, interferiscono con la qualità della vita per un periodo superiore a sei mesi. Inoltre, sono presenti pensieri e comportamenti eccessivi relativi alla gravità dei sintomi sperimentati, forte ansia e la preoccupazione continua per la propria salute. Tuttavia, la preoccupazione per la malattia non deve essere correlata alla presenza di un altro disturbo mentale.
Il Disturbo da ansia di malattia è diagnosticabile quando l’individuo sperimenta da almeno sei mesi la preoccupazione di avere o contrarre una grave malattia non diagnosticata in assenza di sintomi somatici. A ciò, si aggiunge un elevato livello di ansia per la salute (es. monitoraggio continuo del proprio corpo, controlli ripetuti per accertare la malattia temuta come frequenti visite mediche, scrupolosi accertamenti sui siti internet di medicina e frequenti rassicurazioni da parte delle persone più intime) o, contrariamente, la messa in atto comportamenti evitanti (es. evitare ospedali e visite mediche). Tuttavia, in alcuni casi, i sintomi somatici possono essere presenti in lieve entità e vengono interpretati in modo catastrofico. Inoltre, la preoccupazione per la malattia non deve dipendere da un altro disturbo mentale.
Gli elementi che accomunano entrambi i disturbi precedentemente menzionati sono l’eccessiva ansia associata alla convinzione di avere una grave malattia che viene immaginata come invalidante, degradante e in lento declino e la rigida scrupolosità per evitare il senso di colpa di non essere stati abbastanza prudenti. Infatti, questi individui, essendo esclusivamente concentrati sull’azzeramento totale del rischio di malattia e dell’ansia, vogliono evitare a tutti i costi di essere malati e di essere persone deboli fisicamente e psichicamente.
Secondo le recenti ricerche scientifiche, entrambe le precedenti forme di psicopatologia possono essere curate con successo attraverso la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale, un metodo non farmacologico che si dimostrato estremamente efficace nel modificare le credenze ipocondriache, nel fa accettare l’individuo il rischio di malattia e di debolezza e nel prevenire e ridurre le ricadute. La psicoterapia cognitivo comportamentale si è inoltre dimostrata molto più risolutiva degli psicofarmaci i quali, nelle forme più lievi, si limitano solo a ridurre l’ansia a breve termine, non costituendo dunque una forma di cura risolutiva. Inoltre, considerato lo stretto rapporto che intercorre tra l’insorgenza di sintomi ipocondriaci ed eventi traumatici emotivamente non sostenibili, è opportuno integrare la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale con il trattamento EMDR.
BIBLIOGRAFIA
- American Psychiatric Association, “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – 5° Edizione – Text Revision” (2023)
- Barsky A. J. & Ahern D. K., “Cognitive behavioural therapy for hypochondriasis: a randomized controlled trial” (2004)
- Bouman, T. K., & Visser, S., “Cognitive behavioural treament of hypochondriasis” (1998)
- Olde Hartman, T. C., Borghuis, M. S., Lucassena, P. L. B. J., van de Laara, F. A., Speckens, A. E., & van Weela, C., “Medically unexplained symptoms, somatisation disorder and hypochondriasis: Course and prognosis. A systematic review” (2009)
- Perdighe C., Mancini F., “Elementi di psicoterapia cognitiva” (2010)
- Taylor, S., Asmundson, G. J., & Coons, M. J., “Current directions in the treatment of hypochondriasis” (2005)
Sono una persona timida o soffro di Fobia Sociale?
Una leggera ansia prima di una determinata situazione, l’imbarazzo e la paura di essere umiliati e giudicati negativamente sono caratteristiche tipiche di ogni essere umano. Questi fattori sono comunemente riconducibili alla timidezza, un tratto di personalità che occasionalmente è causa di lieve disagio ma non rovina la qualità della vita delle persone e non è dunque classificabile come disturbo psichiatrico. Infatti, le persone timide iniziano di solito a preoccuparsi solo un po’ prima della situazione temuta e, nel bel mezzo di essa, sperimentano una riduzione dell’ansia e dell’imbarazzo che riescono successivamente a gestire, conducendo un’esistenza personale, sociale e lavorativa piuttosto serena.
Contrariamente alla timidezza, la Fobia Sociale o Disturbo d’ansia sociale è una psicopatologia di cui soffrono alcune persone che da almeno sei mesi sperimentano:
- un grande timore di essere criticate dagli altri mentre si eseguono azioni o compiti di vario genere;
- un’ansia molto elevata rispetto ad una reale minaccia;
- timore di avere interazioni sociali (es. incontrare e parlare con persone sconosciute, essere osservati mentre si mangia o fare un discorso davanti ad altre persone etc.)
- timore di di essere giudicate per le conseguenze fisiologiche causate dall’ansia stessa (rossore del volto, sudorazione intensa, secchezza della lingua e delle fauci, abbassamento del tono e del timbro e della voce, difficoltà a mantenere il contatto oculare, postura rigida etc.).
Gli individui che soffrono di Fobia Sociale sono mossi da un obiettivo particolare: la loro esistenza non mira allo scopo di fare una bella figura ma al contrario cercano di evitare a tutti i costi di farne una brutta, temendo con estremo disagio di sperimentare vergogna e imbarazzo. Inoltre, non è raro che la Fobia Sociale possa essere accompagnata dall’insorgenza di altre forme di psicopatologia come un disturbo d’ansia generalizzata, disturbo da attacchi di panico, depressione nelle sue varie forme o abuso di sostanze, soprattutto tendenzialmente quelle che inducono rilassatezza e stordimento come cannabis e alcool.
Per gestire la condizione di disagio che si trova a sperimentare, la persona che soffre di Fobia Sociale tende a mettere in atto dei comportamenti di evitamento (es. rifiutare con una scusa di presentarsi ad un appuntamento o ad una riunione) o dei comportamenti protettivi (es. muoversi sul posto, abusare di alcool e droghe per alleviare l’ansia, portare con sè il farmaco ansiolitico o assumerlo prima di una situazione temuta). Tali condotte, pur sembrando efficaci poiché inzialmente riducono l’ansia per poco tempo, a lungo andare non fanno altro che mantenere ed aggravare ulteriormente il problema piuttosto che risolverlo.
Per intervenire con ottimi risultati e migliorare la propria qualità della vita da un punto di vista personale e relazionale, il primo passo da fare è contattare quanto prima uno psicoterapeuta cognitivo comportamentale. Infatti, la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale è considerata dalle linee guida internazionali come il trattamento elettivo per la maggior parte dei disturbi mentali tra i quali la Fobia Sociale poiché presenta un’efficacia pari o superiore agli psicofarmaci, soprattutto nella prevenzione delle ricadute. Infatti, la sola terapia farmacologica, oltre a comportare elevate possibilità di ricaduta, non è sufficiente per la remissione totale dei sintomi poiché, a differenza della psicoterapia, interviene tendenzialmente sui sintomi fisici ma non sui pensieri e i comportamenti disfunzionali che sono i responsabili fattori di mantenimento di questo disturbo.
BIBLIOGRAFIA
- American Psychiatric Association, “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – 5 Edizione” (2013)
- Lorenzini R. e Sassaroli S., “La mente prigioniera” (2000)
- Lorenzini R., Sassaroli S., Ruggero G. M., “Psicoterapia cognitiva dell’ansia. Rimurginio, controllo ed evitamento” (2006)
- Perdighe C., Mancini F.,“Elementi di psicoterapia cognitiva” (2010)
- Wells A., “Trattamento cognitivo dei disturbi d’ansia” (1999)
Perché il caldo può peggiorare l’ansia e il panico?
CARATTERISTICHE E SINTOMI
L’estate e la primavera sono i periodi dell’anno in cui si registra un aumento delle manifestazioni sintomatiche legate all’ansia e agli attacchi di panico. Infatti, a causa dell’aumento della temperatura e delle ore di luce il cervello produce più cortisolo (l’ormone dello stress) a cui consegue un peggioramento dei sintomi. Tra questi sono presenti:
- Intense palpitazioni cardiache
- Sudorazione eccessiva in tutte parti del corpo
- Scosse piccole oppure di intensità maggiore
- Sensazione di sentirsi soffocare
- Respirazione affannosa
- Dolori o fastidi nel petto
- Fame d’aria, nausee o fastidi nella zona addominale
- Sensazione di avere le vertigini, di sentirsi instabili, di avere la “testa leggera” o di svenimento
- Brividi o vampate di calore
- Sensazione di torpore o formicolio nel corpo
- Percezione di irrealtà o di staccarsi da se stessi
Le sensazioni fisiche descritte precedentemente tendono ad incrementarsi in quegli individui con un’alta predisposizione all’ansia e vengono lette dal soggetto come una prova certa che sta accadendo qualcosa di pericoloso. A queste sensazioni seguono poi rapidi pensieri catastrofici riguardanti lo sproporzionato timore di perdere il controllo (es. svenire), “diventare pazzi” o morire (es. temere un infarto).
Queste persone, oltre a presentare una costante ansia anticipatoria per le condizioni climatiche, per tentare di fronteggiare l’ansia si distraggono (es. leggono un libro, chiamano il partner, pensano ad altro, vanno a fare una passeggiata), monitorano costantemente le sensazioni fisiologiche del proprio corpo ed evitano i posti affollati o quelli in cui sono scarsamente raggiungibili delle vie di fuga. Tuttavia, tali comportamenti protettivi e di evitamento non risolvono affatto il problema e non fanno altro che rinforzarlo e peggiorarlo. Ciò accade perché la catastrofe temuta associata alle reazioni dello stato d’ansia non patologico non viene mai disconfermata. Inoltre, è bene anche considerare che altri fattori stressanti come la stanchezza conseguente ad un anno di lavoro intenso e la difficoltà a prendere sonno per il caldo possono aumentare la predisposizione all’insorgenza dell’ansia e degli attacchi di panico.
CONSIGLI E INDICAZIONI
Se l’ansia e gli attacchi di panico aumentano velocemente e vi trovate nel bel mezzo di una crisi, è bene tenere a mente i seguenti suggerimenti per contenere ed evitare il malessere:
- non fingete di star bene poichè ciò comporta un aumento delle palpitazioni cardiache
- non tentate di scappare perché rischiate di cadere o di fare incidenti
- non forzate il respiro e non iperventilate in quanto ciò aumenta la sensazione di angoscia
- mettetevi al fresco in una posizione comoda evitando di sdraiarvi perché così i sintomi si aggraverebbero
- chiedete aiuto a qualcuno
Tuttavia, se l’afa e l’umidità aumentano il vostro disagio connesso all’ansia e al panico e a ciò segue un peggioramento degli stati d’animo, della vita sociale e del rendimento lavorativo e scolastico, è fortemente consigliato contattare quanto prima uno psicoterapeuta cognitivo comportamentale.
Infatti, la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale e il trattamento EMDR, secondo diverse ricerche scientifiche nazionali e internazionali, sono considerati il metodi non farmacologici più efficace nel trattamento dei disturbi d’ansia. Inoltre, queste terapea in combinazione presentano margini di miglioramento superiori agli psicofarmaci e, se paragonate ad essi, risultano anche più efficaci nella prevenzione delle ricadute poiché in tempistiche molto brevi insegna alla persona a riconoscere e gestire i segnali dell’ansia e del panico e a modificare i pensieri disfunzionali ad essi associati.
BIBLIOGRAFIA
- American Psychiatric Association,“Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – 5° Edizione” (2013)
- Perdighe C., Mancini F., “Elementi di psicoterapia cognitiva” (2010)
- Zocchi L., “Principi di fisiologia” (2012)
L’amo o non l’amo: normali dubbi o psicopatologia?
Ogni essere umano nelle relazioni sentimentali o sul proprio partner può avere dei dubbi in qualche momento della sua vita, riuscendo nonostante ciò a convivere con sentimenti di mancata responsabilità e di inadeguatezza verso se stesso e il partner i quali appartengono all’esistenza umana. Tuttavia, quando queste preoccupazioni diventano molto eccessive e si associano ad un forte disagio personale, sociale e si ripercuotono soprattutto all’interno della coppia, molto probabilmente ci si trova di fronte ad una forma di psicopatologia nota come Disturbo Ossessivo Compulsivo da Relazione (DOC da Relazione).
COME SI MANIFESTA?
Il DOC da Relazione è una forma di psicopatologia che si presenta sotto forma di ossessioni e preoccupazioni riferite al partner e alle relazioni sentimentali a cui seguono delle compulsioni, azioni o immagini fisiche o mentali che il soggetto compie per abbassare l’ansia.
Tra le ossessioni più frequenti possiamo trovare pensieri pervasivi del tipo:
- “Sarà l’uomo o la donna giusta per me?”
- “Ci sto davvero bene?”
- “Mi ama?”
- “Se ho qualche dubbio, sono davvero sicuro/a di essere innamorato/a?”
Inoltre, è possibile che siano presenti anche delle immagini sul partner che possono presentarsi sotto forma di azioni impulsive (es. avere l’impulso di lasciarlo). Per gestire queste ossessioni, le persone con DOC da Relazione fanno solitamente ricorso ad alcune compulsioni come:
- Controllare molto spesso sentimenti, pensieri ed emozioni che si nutrono verso il partner e la relazione;
- Confrontare in maniera eccessiva l’amore del partner sulla base della quantità di tempo spesa con lui rispetto a quella trascorsa con altre persone;
- Il continuo bisogno di essere rassicurati sul fatto di essere dei “bravi partner”;
- Il confronto tra le caratteristiche e i comportamenti del proprio partner e quelli di altri potenziali partner;
- Focalizzarsi su alcuni ricordi o momenti felici vissuti col partner per rassicurarsi di essere davvero innamorati;
- Evitare tutte quelle occasioni che possono far scaturire le ossessioni temute come uscire con altre coppie considerate come impeccabili o vedere film in cui dominano tematiche romantiche.
Tuttavia, il ricorso alle compulsioni serve ad alleviare l’ansia solo nel breve periodo perché contribuiscono a rinforzare la comparsa delle ossessioni e a peggiorare quindi la problematica.
Inoltre, la presenza ossessiva delle immagini e dei pensieri intrusivi sul partner e la relazione provocano un intenso disagio a cui seguono intensi sentimenti di colpa e vergogna, spingono il soggetto ad essere un giudice molto severo con se stesso ed abbassano vertiginosamente la qualità della vita.
COME INTERVENIRE?
Se leggendo queste poche righe vi siete ritrovati nella descrizione del DOC da Relazione, è bene sapere che è possibile trattare questa patologia con successo contattando uno psicoterapeuta specializzato in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale.
La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale è un metodo non farmacologico molto efficace che, oltre a far comprendere al paziente in cosa consiste il DOC da Relazione, come e perché si è sviluppato, mira alla riduzione e alla gestione delle ossessioni e delle compulsioni relative al partner e alla relazione con un conseguente miglioramento della qualità della vita.
BIBLIOGRAFIA
- Doron, G., Derby D. & Szepsenwol O., “Relationship obsessive-compulsive disorder (ROCD): A conceptual framework. Journal of Obsessive-Compulsive and Related Disorders” (2014)
- Mancini F., “La mente ossessiva. Curare il disturbo ossessivo-compulsivo” (2016)
Vincere l’insonnia e le sue conseguenze
Una buona qualità e una giusta quantità del sonno sono fondamentali affinché la nostra salute psicofisica si preservi in uno stato ottimale. Infatti, molte persone credono erroneamente che riposare male non si associ a gravi conseguenze e trascurano i segnali del loro corpo che potrebbero essere invece indice di un disturbo del sonno di origine psicologica o medica.
COS’E’ L’INSONNIA PSICOLOGICA?
Il disturbo da insonnia è un disturbo psicologico caratterizzato da un’insoddisfazione riguardo la qualità e la quantità del sonno che si verifica almeno 3 volte a settimana per un periodo di almeno 3 mesi e si associa ad uno o più dei seguenti sintomi:
- Difficoltà ad addormentarsi;
- Difficoltà a mantenere lo stato di sonnolenza (es. frequenti risvegli o difficoltà a riaddormentarsi dopo essersi svegliati);
- Risveglio precoce al mattino con incapacità di riaddormentarsi.
Inoltre, tali condizioni causano un forte disagio e compromettono la vita di chi ne soffre a livello sociale, personale, lavorativo e scolastico (es. sonnolenza, difficoltà di concentrazione, ripercussioni sull’efficienza lavorativa, sull’umore e difficoltà relazionali) e non devono dipendere né dagli effetti fisiologici di una sostanza né da un’altra condizione medica o un altro disturbo mentale (es. ansia generalizzata, depressione, disturbo bipolare, schizofrenia etc.)
QUALI RIMEDI NATURALI FAVORISCONO UNA BUONA IGIENE DEL SONNO?
Prima di rivolgersi ad uno psicoterapeuta o a un medico, si potrebbe provare a risolvere il problema osservando le seguenti condotte:
- Alimentarsi in maniera più adeguata: evitare sia di consumare alimenti pesanti a cena sia andare a letto a stomaco vuoto. Inoltre, è consigliato consumare alimenti contenenti la vitamina B6 (es. insalata a foglia verde, banane, noci etc.) oppure contenenti il triptofano (uova, pesce, frutta secca etc.) che ha un effetto chimico che migliora il tono dell’umore e ridurre il consumo di nicotina, alcol e cibi grassi;
- Fare attività fisica: lo sport è una potente medicina che combatte lo stress e produce stanchezza, entrambi fattori che sono alleati di una buona igiene del sonno. L’importante è evitare di fare sport poco prima dell’addormentamento poiché ciò disturba di conseguenza la qualità del sonno;
- Rilassarsi un’ora prima di andare a dormire: è consigliato evitare qualsiasi attività fisica sia mentale (es. uso di smartphone, tablet, pc etc.);
- Mantenere delle buone abitudini: svegliarsi ed addormentarsi sempre alla stessa ora mantiene regolare il ritmo circadiano.
PSICOTERAPIA O FARMACI: QUAL E’ L’INTERVENTO PIU’ RACCOMANDATO?
Nei casi più compromessi, è consigliato integrare la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale con un trattamento farmacologico. Infine, è bene considerare che gli effetti dei trattamenti a base di farmaci ansiolitici o antidepressivi hanno un’efficacia che varia da persona a persona e presentano diversi effetti collaterali che possono avere gravi conseguenze sul piano psicologico o fisico (es. favorire le ricadute, calo del piacere sessuale, aumento di peso e dell’appetito per cibi ricchi di grassi o carboidrati complessi).
Tra i rimedi psicoterapeutici spicca l’efficacia della Psicoterapia Cognitivo Comportamentale che è di gran lunga migliore della terapia farmacologica sia nel breve sia nel lungo periodo. Infatti, questo metodo aiuta le persone a padroneggiare i propri stati emotivi, a riconoscere e gestire i pensieri disfunzionali e a modificare i comportamenti nocivi che sono fattori di mantenimento del problema. Tutto questo è possibile facendo affidamento su un bagaglio di tecniche basate non solo sui pensieri ma anche sul rilassamento corporeo e respiratorio (es. training autogeno e rilassamento muscolare progressivo) che promuovono un conseguente miglioramento della propria qualità della vita in tutti i suoi aspetti. Inoltre, in associazione alla psicoterapia cognitivo comportamentale, risultano anche molo efficaci metodiche come il trattamento EMDR, la Flash Technique e il Neurofeedback Dinamico per la gestione dello stress e la prevenzione delle ricadute.
BIBLIOGRAFIA
- American Psychiatric Association, “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – 5° Edizione” (2013)
- Jungquist C., Perlis M., Posner D., Smith M. T., “Il trattamento cognitivo-comportamentale dell’insonnia. Linee guida per la pratica clinica” (2018)
- Patel D., Steinberg D., Patel P., “Insomnia in the Elderly: A Review” (2018)
- Perlis M., Aloia M., Khun B., “Trattamenti comportamentali per i disturbi del sonno. Manuale completo e protocolli terapeutici” (2016)
- Sacco G., “Manuale di biofeedback. Col cuore e col cervello: alla ricerca della mutevole armonia” (2017)
- Sacco G., “Promuovere il benessere, trattare i disturbi. L’ausilio del bio-neurofeedback per la professione psicologica” (2020)