La sindrome di Asperger: tra potenzialità intellettive e difficoltà relazionali
La Sindrome di Asperger è una forma di disturbo dello spettro autistico ad alto funzionamento caratterizzata da un’intelligenza nella norma o superiore. (altro…)
Learn MoreConoscere e trattare il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività
Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD), conosciuto anche con l’acronimo italiano DDAI, è un disturbo neurobiologico che inizia nell’infanzia e continua nell’adolescenza e nell’età adulta. Tale psicopatologia è caratterizzata da iperattività, impulsività e da una forte difficoltà nell’orientare e nel mantenere l’attenzione. Tali caratteristiche riducono e interferiscono con il funzionamento scolastico, sociale e lavorativo della persona, compromettendo la qualità della sua vita.
La disattenzione non è caratterizzata da un atteggiamento di sfida ma si manifesta attraverso la distrazione da un compito, la mancanza di costanza e di organizzazione (es. svolgimento dei compiti a casa). L‘iperattività si esprime invece attraverso un’eccessivo parlare e ad una continua attività motoria (come se il bambino fosse guidato da un “motorino che non si scarica mai”). L’impulsività si accentua con l’inizio dell’adolescenza e si manifesta attraverso azioni affrettate e non premeditate che possono compromettere la vita dell’individuo in quanto è inconsapevole delle conseguenze delle azioni pericolose.
Gli individui con ADHD hanno dunque marcate difficoltà in tutte le attività in cui sono richiesti degli sforzi cognitivi prolungati. A scuola e a casa sono presenti delle difficoltà nel seguire le regole, la lentezza ed l’incapacità nel capire ed eseguire dei compiti (non è infrequente infatti che chiedano più volte la stessa informazione). Inoltre, nei giochi o nelle attività sociali, difficilmente riescono ad attendere il loro turno e tendono ad interrompere gli altri senza riuscire a cogliere i limiti e i confini delle regole sociali. A ciò, si aggiungono problemi di organizzazione che comportano il danneggiamento e lo smarrimento di materiale scolastico e di oggetti personali. Inoltre, data la facile distraibilità a causa della grande difficoltà nel gestire l’attenzione, è molto frequente che, durante un compito, distolgano lo sguardo perché facilmente distraibili da stimoli apparentemente irrilevanti.
Non è raro che questa patologia possa presentarsi insieme ad altri disturbi mentali come il disturbo della condotta, il disturbo oppositivo – provocatorio, i disturbi dell’umore, i disturbi d’ansia, i disturbi del linguaggio e i disturbi dell’apprendimento. Nell’età adulta, i soggetti con tale diagnosi sono esposti ad un rischio 5 volte maggiore rispetto alle persone prive di psicopatologia di sviluppare un disturbo da abuso di sostanze, disturbi di personalità (soprattutto del cluster B) e altri disturbi psichiatrici.
La terapia per l‘ADHD mira alla riduzione dei sintomi e ad introdurre il soggetto nel suo ambiente di vita. Per raggiungere tale obiettivo, oltre una buona collaborazione da parte del contesto scolastico, le linee guida internazionali suggeriscono di rivolgersi ad uno psicoterapeuta specializzato in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale. Lo scopo della terapia sarà insegnare al bambino e all’adulto a gestire le proprie emozioni e, contemporaneamente, si lavorerà sullo sviluppo di strategie comportamentali mirate all’aumento delle capacità di autocontrollo e organizzazione. Inoltre, considerato lo stretto rapporto tra eventi traumatici e i sintomi dell’ADHD, è consigliato integrare la CBT al Trattamento EMDR e alla Flash Technique. Ultimamente, diversi studi sono concordi nell’utilità delle neurotecnologie come il Neurofeedback Dinamico Non Lineare NeurOptimal® riguardo il miglioramento del benessere globale.
Tuttavia, nei soggetti più compromessi, è bene valutare l’inserimento di una terapia farmacologica prescritta da un medico psichiatra o neuropsichiatra. Infine, nonostante ogni caso sia una situazione diversa dall’altra, l’associazione tra psicoterapia cognitivo comportamentale, tecniche di rielaborazione del trauma e neurotecnologie e terapia farmacologica rimane la scelta più consigliata e più efficace.
BIBLIOGRAFIA
- Amabili M., Di Domenico A., (2024). La Flash Technique. Rendere più accessibili e rielaborare le memorie traumatiche più travolgenti. Giovanni Fioriti Editore, Roma
- American Psychiatric Association., “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – 5° Edizione” (2013);
- Biederman J., Faraone S.V., Spencer T., “Patterns of psychiatric comorbidity, cognition, and psychosocial functioning in adults with attention deficit disorder”. Am J Psychiatry (1993);
- Galli F., Guidetti V., “Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza” (2006);
- Guidetti V., “Fondamenti di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza” (2005);
- Harris S. (2017). An Investigation of the Effects of Neurofeedback Training on Attention Deficit Hyperactivity Disorder (ADHD). Symptoms, Depression, Anxiety, and Academic Self-Efficacy in College Students. Electronic Theses and Dissertations. 5378. https://stars.library.ucf.edu/etd/5378
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- Jeavons A., Bishop T., French B., Bastable S., De Rossi P., Gubbini S., (2023). Manuale pratico per il trattamento dell’ADHD nell’adulto
- Jensen, P. S., Mrazek, D., Knapp, P. K., Steinber, L., Pfeffer, C., & Schowalter, J., “Evolution and revolution in child psychiatry: ADHD as a disorder of adaptation” Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry (1997);
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SITOGRAFIA
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2967384/
- https://neuroptimal.com/
- http://www.aidaiassociazione.com/
Come mi accorgo che un adolescente è depresso?
L’adolescenza è un periodo della vita in cui si manifestano con estrema velocità e turbolenza dei cambiamenti fisici, psicologici, emotivi e sociali che hanno un forte impatto sulla crescita del giovane influenzando la sua personalità per tutto l’arco della sua vita. (altro…)
Learn MoreStudio ma non imparo: avrò un disturbo dell’apprendimento?
INTRODUZIONE
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) sono delle patologie caratterizzate da una serie di problemi relativi alla capacità di lettura, scrittura e calcolo e sono causate da una diversità neurologica che avviene durante la crescita cerebrale nei primi anni di vita. Il loro esordio avviene durante la scuola elementare, generalmente tra la classe prima e la classe terza ma, in alcuni casi, durante la scuola materna possono essere presenti dei sintomi precursori come problematiche linguistiche e difficoltà motorie.
COME SI MANIFESTANO I DSA?
A grandi linee, i bambini e gli adolescenti con DSA presentano alcune difficoltà nel campo dell’apprendimento. Tra queste sono presenti:
- Lettura imprecisa, lenta o faticosa
- Pronuncia delle parole in modo sbagliato ad alta voce, con esitazione o una tendenza a tirare ad indovinare
- Difficoltà di comprensione del significato di un testo
- Tendenza a sostituire o ad omettere alcune parti di parole
- Molti errori grammaticali o di punteggiatura all’interno di una frase
- Difficoltà del ragionamento matematico.
Le difficoltà di lettura, scrittura e calcolo non hanno risoluzione spontanea ma sono persistenti, sono molto al dì sotto di quelle che ci aspetterebbe per l’età del soggetto e causano difficoltà di adattamento a scuola, nel lavoro e nella vita quotidiana. Inoltre, è importante ricordare che il deficit di apprendimento non dipende né da un basso quoziente intellettivo (che risulta nella norma e, in alcuni casi, è anche superiore), né da problemi all’udito e alla vista, né da altri disturbi mentali o neurologici, né da problemi psicosociali né dall’istruzione inadeguata né da una scarsa conoscenza della lingua.
Il funzionamento sociale all’interno del gruppo classe delle persone con DSA può risultare molto problematico. Infatti, avendo difficoltà nelle performance scolastiche, tenderebbero a sentirsi inferiori e inadeguate anche nelle interazioni con i coetanei.
Inoltre, essendo il percorso scolastico di questi soggetti frequentemente segnato da ripetuti insuccessi, non è raro che insegnanti e genitori tendano erroneamente ad accusarli di essere oppositivi, demotivati e disinteressati. Atteggiamenti di questo tipo non sono per nulla d’aiuto ma comportano solo conseguenze sgradevoli come l’evitamento dei compiti scolastici e ripetuti conflitti con insegnanti e genitori, in quanto gli studenti non si sentono riconosciuti nelle proprie difficoltà ma solo accusati di qualcosa di cui non sono colpevoli.
COME INTERVENIRE?
L’intervento terapeutico consiste nell’aiutare queste persone a potenziare le capacità di lettura, scrittura e calcolo e gestire i fattori emozionali e relazionali in maniera adeguata. Infatti, è bene sottolineare che i soggetti con DSA soffrono molto per le loro carenze le quali incidono pesantemente sull’autostima e sulla motivazione all’apprendimento e agiscono da fattori predisponenti per lo sviluppo di ulteriori disturbi psicopatologici come ansia, panico e depressione.
Dopo un’accurata valutazione psicodiagnostica effettuata tramite test e una serie di colloqui psicologici iniziali, è fortemente consigliato trattare i DSA con una Psicoterapia Cognitivo Comportamentale, un metodo non farmacologico molto efficace che interviene sia come sostegno psicologico nell’ambiente scolastico e familiare sia sul problema psicopatologico di apprendimento.
Inoltre, è importante associare la terapia cognitivo comportamentale con l’impiego di neurotecnologie come il Neurofeedback Dinamico Non Lineare NeurOptimal® che aiuta a potenziare il cervello, aumentando nelle persone le capacità di memoria, concentrazione e problem solving, grazie alla plasticità neuronale che gli consente di evolversi e di adattarsi in qualsiasi nuova situazione.
BIBLIOGRAFIA
- American Psychiatric Association, “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – 5° Edizione” (2013)
- Isola L., Romano G., Mancini F., “Psicoterapia cognitiva dell’infanzia e dell’adolescenza. Nuovi Sviluppi” (2016)
- Lo Presti G., “Nostro figlio è dislessico. Manuale di autoaiuto per i genitori di bambini con DSA” (2015)
- Lo Presti G., Vio C., “Diagnosi dei disturbi evolutivi. Modelli, criteri diagnostici e casi clinici” (2014)
- Lo Presti G., Tressoldi P. E., Vio C., “Diagnosi dei disturbi specifici dell’apprendimento scolastico” (2013)
SITOGRAFIA
- www.neuroptimal.com
Adolescenti “ribelli”: quando bisogna preoccuparsi?
INTRODUZIONE
Secondo recenti ricerche, l’adolescenza è quel periodo di tempo compreso tra i 10 e i 25 anni in cui accadono diversi cambiamenti fisici, psicologici, emotivi e socialiche contribuiscono alla formazione della personalità dell’individuo. A causa dei no
tevoli cambiamenti socioculturali tipici della nostra epoca, l’inizio della fase adolescenziale è di natura biologica mentre la sua fine è di natura socioculturale poiché, rispetto al passato, la pubertà insorge più precocemente mentre si allunga il periodo di transizione verso una posizione lavorativa soddisfacente e l’indipendenza economica.
Durante questo periodo caratterizzato da enormi potenzialità e da grandi rischi, il cervello cambia in base alle esperienze che compie a causa della neuroplasticità cerebrale, raggiungendo la piena maturità dopo i 20 anni. Infatti, si potenziano le connessioni tra il sistema limbico, area cerebrale formata da amigdala e ippocampo che è deputata alla produzione delle emozioni e tra la corteccia prefrontale che svolge l’attività di regolazione delle emozioni, della capacità di giudizio e della presa di decisione.
COMPORTAMENTI NELLA NORMA E PATOLOGICI
L’organizzazione mondiale della sanità ha affermato che il 75 % dei disturbi mentali si manifesta in maniera evidente entro i 25 anni, tendendo poi a stabilizzarsi e complicarsi in età adulta. In questo periodo infatti, la continua ricerca della novità può sfociare in un incremento esponenziale della mortalità dovuta a abuso di sostanze, suicidi, traumi accidentali legati a distrazioni ed episodi di violenza. A ciò, possono aggiungersi anche forme di disagio simili a quelle che troviamo tra gli adulti come ansia, depressione, disturbi alimentari, psicosi e disturbi di personalità.
Tuttavia, allo scopo di evitare falsi allarmi e di informare sui comportamenti a rischio che potrebbero compromettere la salute psicofisica degli adolescenti, è bene fare una distinzione tra i comportamenti tipici di questa fase della vita e i comportamenti per cui bisognerebbe iniziare a valutare la consulenza di un professionista della salute mentale.
Tra i comportamenti tipici che rientrano quindi nella norma, troviamo infatti:
- frequenti sbalzi d’umore;
- maggiore attenzione al proprio aspetto fisico;
- abbassamento temporaneo della motivazione e della prestazione;
- maggiore conflittualità familiare che si manifesta con polemiche e contestazioni;
- fumare per curiosità tabacco, droghe leggere e consumare alcolici;
- difficoltà scolastiche temporanee;
- manifestare interesse per il sesso;
- richiesta di maggiore privacy;
- aumento dell’interesse per la tecnologia e i social network;
- sonno alterato, desiderio di vivere di notte e dormire fino a tardi nel fine settimana.
Invece, è bene iniziare a preoccuparsi in presenza dei seguenti comportamenti atipici:
- malinconia persistente, pensieri depressivi o idee di suicidio;
- rigido perfezionismo e ideali di magrezza restrittivi e non reali;
- incapacità di portare a termine le attività quotidiane, i progetti personali e le attività scolastiche;
- frequenti aggressioni fisiche e verbali, fughe da casa, marcata difficoltà a rispettare le regole;
- abuso di sostanze stupefacenti, alcolici e comportamenti conseguenti come spaccio, promiscuità sessuale e aggressività verso se stessi (es. autolesionismo) e verso gli altri;
- rifiuto o abbandono scolastico, bocciature, essere bullo o vittima di bullismo;
- gravidanze indesiderate, sessualità impulsiva e rischio di contrarre malattie veneree;
- scarsa o assente comunicazione in famiglia seguita da isolamento;
- trascorrere molte ore al computer e dare priorità alle relazioni virtuali;
- dormire tutto il giorno, stare svegli tutta la notte, saltare i pasti, arrivare abitualmente tardi a scuola e non portare a termine i progetti.
TRATTAMENTO
Se l’adolescente manifesta uno o più dei precedenti segnali d’allarme e tali comportamenti stanno compromettendo la sua qualità della vita, è fortemente consigliato di rivolgersi ad uno psicoterapeuta specializzato in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale (CBT). Infatti la CBT ci aiuterà a comprendere i motivi per cui i bambini e i ragazzi mettono in atto i comportamenti trasgressivi, a sviluppare più empatia nei confronti degli altri, a gestire le emozioni come la rabbia, tollerare la frustrazione e modulare l’aggressività. Inoltre, considerato lo stretto rapporto tra turbe adolescenziali e il trauma psicologico, è consigliato integrare la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale con il Trattamento EMDR e la Flash Technique.
BIBLIOGRAFIA
- Casalini M., Bartoli F., Crocamo C., Dakanalis A., Clerici M., Carrà G.,“Disentangling the Association Between Child Abuse and Eating Disorders: A Systematic Review and Meta-Analysis” (2016)
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- Kim K. J., Gerber J., “The Effectiveness of Reintegrative Shaming and Restorative Justice Conferences.Focusing on Juvenile Offenders’ Perceptions in Australian Reintegrative Shaming Experiments” (2012)
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- Patel V., Flisher A. J., Hetrick S., Mc Gorry P., “Mental health of young people: a global public-health challenge” (2007)
- Pepping C. A., Duvenage M., Cronin T. J., Lyons A., “Adolescent mindfulness and psychopathology: The role of emotion regulation” (2016)
- Quaderni di psicoterapia cognitiva n. 39 (2016)
Cosa faccio se mio figlio è coinvolto nel bullismo?
Nel mio studio è capitato diverse volte di ascoltare bambini o adolescenti che a scuola o nei luoghi in cui fanno sport hanno subito dei soprusi. Tali atteggiamenti hanno poi causato diverse problematiche personali, psicologiche e sociali alle quali non è stata data troppa considerazione per mancanza di un’informazione adeguata.
Gli atti di bullismo non sono semplici “prese in giro” tra bambini o “ragazzate” adolescenziali ma azioni che appartengono ad un fenomeno sociale molto complesso e più frequente di quanto comunemente si pensi. Il bullismo si caratterizza per azioni intimidatorie verbali, fisiche e psicologiche che un soggetto percepito come più “forte” compie su una persona giudicata come più “debole”. Le azioni vessatorie sono caratterizzate da intenzionalità, asimmetria di potere e persistenza nel tempo. Infatti il bullo, sfruttando la disparità di ruolo tra vittima e carnefice, ha l’unico scopo di ledere l’integrità psicofisica della vittima attraverso di versi comportamenti. Tra questi sono presenti offese, derisione per aspetti fisici o caratteriali, esclusione sociale e aggressioni corporee o verbali.
CHI PARTECIPA AL BULLISMO?
Le vittime, apparendo come persone timide, riservate, insicure, molto ansiose o molto educate sono coloro che sono costrette a subire gli atti di bullismo. Contrariamente a quest’ultime, i bulli si presentano come persone apparentemente sicure di sé. Infatti, utilizzano dei comportamenti aggressivi con lo scopo di essere considerati ed autoaffermarsi, manifestando così una forte difficoltà nel rispetto delle regole e una bassa tolleranza alla frustrazione. Inoltre sono presenti anche gli osservatori, soggetti che assistono alle condotte intimidatorie del bullo senza prendere le difese della vittima, rinforzando in modo indiretto gli atteggiamenti prevaricatori. Infine, gli antagonisti sono quelle persone che provano un senso di ingiustizia profondo e si oppongono al bullo intervenendo direttamente in difesa del compagno sofferente.
COSA ACCADE ALLA VITTIMA?
La vittima manifesta il proprio disagio in diversi modi: stress, abbassamento della concentrazione, calo del rendimento scolastico, lamentele somatiche (es. mal di pancia, mal di testa, calo dell’appetito e disturbi del sonno) e l’evitamento dei luoghi in cui gli atti di bullismo sono subiti (es. scuola, luogo di lavoro, palestra, scuola calcio, oratorio etc.). Non è rara infatti la perdita di interesse degli eventi sociali in cui sono presenti diversi coetanei. Se non si interviene precocemente per ristabilire la salute della vittima, nel breve periodo e in età adulta, oltre ad una compromissione dell’autostima, possono svilupparsi disturbi d’ansia (es. disturbo di panico, ansia generalizzata) e dell’umore (es. la depressione), traumi psicologici e, nei casi più gravi, possono anche comparire comportamenti parasuicidari (es. autolesionismo) per gestire il dolore emotivo e, nei casi estremi, si può anche arrivare a compiere tentativi di suicidio.
COSA ACCADE AL BULLO?
Tuttavia, ad essere danneggiate non sono solamente le vittime poiché, essendo il bullismo un reato, i bulli rischiano ripercussioni legali da parte dalla scuola o dai familiari della persona bullizzata. Inoltre, la maggior parte dei bulli è coinvolta in altri comportamenti devianti come l’abuso di sostanze stupefacenti (alcool, cocaina, cannabis etc.), piccoli furti o estorsioni, danneggiamento di proprietà e rissa. Infatti, in una buona percentuale i bulli possono presentare disturbi del neurosviluppo come l’ADHD, il disturbo oppositivo – provocatorio e il disturbo della condotta i quali, se non trattati precocemente, predispongono il bullo adulto allo sviluppo di disturbi di personalità, compromettendo ulteriormente il proprio funzionamento sociale, personale, lavorativo e scolastico.
COME INTERVENIRE?
Se vi accorgete che un bambino o un adolescente è coinvolto in una dinamica di bullismo, è fortemente consigliato, per evitare spiacevoli conseguenze sul piano sociale, personale e legale, di rivolgersi ad uno Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale. Infatti, alle vittime possono essere insegnate delle abilità per gestire i comportamenti disfunzionali del bullo, con ulteriore beneficio sulla loro autostima e sul loro carattere. Il bullo invece potrà essere aiutato a comprendere i motivi per cui mette in atto i comportamenti trasgressivi, a sviluppare più empatia nei confronti degli altri, a gestire le emozioni come la rabbia, tollerare la frustrazione e modulare l’aggressività. Inoltre, considerato lo stretto legame tra bullismo e sviluppo di un trauma psicologico, è consigliato integrare la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale con il trattamento EMDR e la Flash Technique.
BIBLIOGRAFIA
- Copeland W.E., Wolke D., Angold, A. & Costello J., “Adult Psychiatric Outcomes of Bullying and Being Bullied by Peers in Childhood and Adolescence” (2013)
- Isola L., Romano G., Mancini F., “Psicoterapia cognitiva dell’infanzia e dell’adolescenza. Nuovi sviluppi” (2016)
- Quinlan E. B., Barker E. D., Luo Q., Banaschewski T., Bokde A. L., Bromberg, U., Garavan, H., “Peer victimization and its impact on adolescent brain development and psychopathology” (2018)
- Olweus D., “Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono” (1996)
- Olweus, D., “Il bullismo” (1993)
Cosa fare con figli se i genitori si separano?
Annunciare a bambini e adolescenti una crisi coniugale che culminerà con una separazione o con un divorzio non è mai un passo semplice da compiere. (altro…)
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