Trauma psicologico e patologie gastrointestinali: quale legame?
Il trauma psicologico può essere definito come un “evento emotivamente non sostenibile per chi lo subisce” (Liotti, Farina, 2011) o “un evento stressante dal quale non ci si può sottrarre poiché sovrasta le capacità di resistenza dell’individuo” (van der Kolk, 1996). Tra le tante esperienze che possono scatenare un trauma psicologico troviamo possono esserci calamità naturali (es. incendi, alluvioni, terremoti etc.), guerra, torture, violenza domestica, trascuratezza genitoriale, abusi sessuali, mobbing, quarantena, isolamento forzato e sequestro di persona, incidenti stradali, rapine e disastri aerei, malattie croniche (es. fibromialgia) o prognosi gravi (es. tumori, gravi patologie neurologiche etc.), rotture sentimentali o amicali e lutti complicati o traumatici.
Secondo le recenti ricerche scientifiche, il trauma della psiche è un rilevante fattore di vulnerabilità per il successivo sviluppo delle patologie infiammatorie croniche dell’apparato digerente (Morbo di Crohn, rettocolite ulcerosa, sindrome del colon irritabile etc.). Infatti, quando le persone assistono o sono vittime di un evento o una serie di eventi di tipo traumatico recenti o vissuti in età infantile, presentano delle modificazioni strutturali del Sistema Nervoso Centrale (SNC) come l’amigdala, l’ippocampo e l’ipotalamo. In quest’ultima area cerebrale è presente infatti un “processore” che coordina il legame tra la memoria traumatica e le sensazioni ad esso associate. Infatti, oltre ai traumi legati ai singoli eventi, anche ricevere la diagnosi di una malattia cronica rappresenta un evento ad alto impatto emotivo.
Per questo motivo, oltre alle terapie prescritte da gastroenterologi, endocrinologi e nutrizionisti che agiscono prettamente sul sintomo, è di cruciale importanza abbinare la terapia medica ad un percorso con uno psicoterapeuta specializzato in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale e perfezionato nel trattamento EMDR e nella Flash Technique per agire sulle cause psicologiche associate ai sintomi stessi. Infatti, ad oggi, le linee guida dell’OMS sostengono che “la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale individuale o di gruppo (CBT) focalizzata sul trauma oppure la Desensibilizzazione e la Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari (EMDR) dovrebbero essere indicare per bambini, adolescenti e adulti con Disturbo Post Traumatico da Stress” (OMS, 2013).
Così, solo affidandosi a dei professionisti specializzati in questi metodi basati su dati scientifici di alta rilevanza, le persone riusciranno a rielaborare gli eventi traumatici e le emozioni e le sensazioni ad essi associati facendo in modo che questi non rechino più fastidio e disagio nel presente. Tale processo sarà di cruciale importanza poiché si sperimenterà anche una considerevole riduzione e/o addirittura la totale la scomparsa di tutti i sintomi associati alle patologie dell’apparato digerente, riuscendo a recuperare la serenità e migliorando la propria qualità della vita.
BIBLIOGRAFIA
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- Grant M. & Spagnolo P., “EMDR e dolore cronico. Quando è il corpo a parlare” (2021)
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- Van Der Kolk B., “Il corpo accusa il colpo. Mente, corpo e cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche” (2015)
- Verardo A. R. & Lauretti G., “Riparare il trauma infantile. Manuale teorico d’integrazione tra sistemi motivazionali ed EMDR” (2020)
SITOGRAFIA
- www.emdr.it
- www.who.int
Perché e come il trauma psicologico si trasmette da una generazione all’altra?
Un trauma psicologico non è soltanto un evento in cui la propria sopravvivenza o incolumità vengono minacciate ma ciò comprende qualsiasi tipo di evento ripetuto nel tempo che viene percepito da un soggetto come non sostenibile dal punto di vista emotivo. Tra questi troviamo infatti calamità naturali (es. incendi, alluvioni terremoti etc.), guerra, torture, violenza domestica, trascuratezza genitoriale e abusi psicologici e sessuali, quarantena, isolamento forzato e sequestro di persona, incidenti stradali, rapine, disastri aerei, malattie o prognosi gravi e lutti complicati o traumatici.
Gli studi condotti negli ultimi anni confermano come le conseguenze di eventi particolarmente stressanti, se non adeguatamente rielaborate, possono trasmettersi da genitore, al figlio e al nipote, costituendo quella che noi psicotraumatologi chiamano trasmissione transgenerazionale del trauma.
Anche il padre della psicoanalisi Sigmund Freud e ancor prima di lui Pierre Janet parlarono di trasmissione filogenetica nei primi del Novecento, formulando l’ipotesi che gli eventi traumatici potessero essere trasmessi di generazione in generazione.
Ad oggi le ipotesi di Freud e Janet sono state confermate dall’epigenetica, la scienza che studia l’espressione e la variazione del nostro patrimonio genetico. Queste modifiche non si riferiscono a cambiamenti di tipo strutturale del DNA (genotipo), ma solamente nell’espressione genica (fenotipo). Infatti, le tracce lasciate dall’esposizione ad un fattore ambientale stressante o ad un grave trauma psicologico lasciano dei segni sul rivestimento chimico dei cromosomi (metilazione). In questo rivestimento è contenuta la “memoria” di ogni cellula del corpo che viene immagazzinato come ricordo “fisico” dell’evento che viene trasmesso durante la procreazione di generazione in generazione, regolando il grado e il tipo di espressione genetica, cioè come caratteristiche emotive e comportamentali si manifestano.
Quali sono le ipotesi che confermano gli effetti transgenerazionali e intergenerazionali del trauma?
- La traumatizzazione secondaria: è necessario identificare in ogni generazione un effetto epigenetico o un disfunzionalità biologica, ipotizzando sia un effetto comportamentale. In poche parole, avere un genitore traumatizzato mette maggiormente a rischio la persona di sviluppare una disregolazione epigenetica:
- La riprogrammazione fetale: se una madre in gravidanza è esposta ad eventi particolarmente stressanti, il feto in utero subisce non solo modifiche a livello ormonale ma anche nelle cellule embrionale che definiscono l’assetto epigenetico;
- L’effetto transgenerazionale: si riferisce ai comportamenti e alle credenze disfunzionali del genitore sul figlio che contribuisce a modificare la trasmissione di modificazioni epigenetiche;
A sostegno di ciò, gli studi sui figli dei sopravvissuti all’Olocausto hanno dimostrato come queste persone abbiano una tendenza a sviluppare ansia o depressione ed hanno una ridotta capacità di resilienza nel fronteggiare eventi stressanti con ricadute negative sul funzionamento personale, lavorativo e scolastico.
Dunque, l’EMDR e la Flash Technique possono essere quindi largamente utilizzate per bloccare la trasmissione transgenerazionale del trauma poiché il meccanismo epigenetico è fortunatamente reversibile in quanto non rappresenta una modifica strutturale del DNA.
BIBLIOGRAFIA
- Amabili M., Di Domenico A., (2024). La Flash Technique. Rendere più accessibili e rielaborare le memorie traumatiche più travolgenti. Giovanni Fioriti Editore, Roma
- Fernandez I, Verardo A. R., “EMDR: modello e applicazioni cliniche” (2019)
- Knipe J., “EMDR Toolbox. Teoria e trattamento del PTSD complesso e della dissociazione” (2019)
- Liotti G., Farina B., “Sviluppi traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa” (2011)
- Van Der Kolk B., “Il corpo accusa il colpo. Mente, corpo e cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche” (2015)
- Verardo A. R., Lauretti G., “Riparare il trauma infantile. Manuale teorico d’integrazione tra sistemi motivazionali ed EMDR” (2020)
4 cose da sapere sulla terapia EMDR
Negli ultimi anni si è parlato sempre di più di EMDR e trauma psicologico e, per evitare che si diffondano informazioni sbagliate che possano generare paura e confusione, ho deciso di scrivere questo breve articolo partendo dalla sua scoperta fino ai recenti studi scientifici.
L’ EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è una procedura di trattamento introdotto circa 30 anni fa dalla psicologa americana Francine Shapiro che, notando casualmente che certi tipi di movimenti saccadici erano in grado di ridurre l’intensità dei pensieri disturbanti e il disagio associato, ipotizzò che i movimenti oculari bilaterali potessero giocare un ruolo cruciale sulla desensibilizzazione dei ricordi traumatici (Shapiro, 1989). La sua applicazione negli anni diventò sempre più evidente tanto che i cambiamenti in positivo furono non solo relativi alle iniziali valutazioni negative di sé ma anche nella comparsa di emozioni positive e cambiamenti nelle sensazioni e nei comportamenti (Shapiro, 2001).
1) L’EMDR È UNA TECNICA SCIENTIFICAMENTE VALIDA
L’EMDR è un metodo non farmacologico ma psicoterapeutico che si è dimostrato efficace nel trattamento di diverse forme di psicopatologia (ansia, depressione, dipendenza, lutto, disturbi alimentari, disturbo ossessivo compulsivo e dipendenze patologiche). La sua efficacia è stata dimostrata da oltre 44 studi scientifici e documentata in centinaia di pubblicazioni. Inoltre, fonti autorevoli come l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) hanno dichiarato che “l’EMDR, insieme alla Psicoterapia Cognitivo Comportamentale individuale o di gruppo (CBT) focalizzata sul trauma, dovrebbero essere indicate per bambini, adolescenti e adulti con disturbo post-traumatico da stress” (OMS, 2013)”.
2) I MOVIMENTI OCULARI COLLEGANO GLI EMISFERI
L’EMDR avvia la stimolazione cerebrale alternata da destra e sinistra che generalmente viene effettuata attraverso il movimento degli occhi ma anche attraverso degli stimoli tattili o uditivi. In sostanza, sul piano procedurale, il protocollo standard di desensibilizzazione e rielaborazione prevede che il paziente in seduta focalizzi l’attenzione sull’immagine attualmente più disturbante dell’esperienza traumatica mentre è impegnato in una stimolazione sensoriale bilaterale prodotta dal terapeuta (movimenti oculari, stimolazione tattile o uditiva). L’elaborazione si considera conclusa quando il ricordo non suscita più disagio né a livello emotivo né sul piano somatico e quando il paziente ha generato una cognizione positiva su di sé in associazione al ricordo originario (Shapiro, 1991).
3) IL DISAGIO PSICOLOGICO NON FALSIFICA I RICORDI
La verità o la falsità di una testimonianza non hanno nulla a che vedere con la psicopatologia. Infatti, il trauma non è altro che un’esperienza emotivamente non sostenibile per chi la subisce che, essendo ancora intrappolata nelle reti neurali, genera nell’individuo emozioni, sensazioni e pensieri che mantengono la sua sofferenza. Dunque non è sufficiente un disagio psicologico per invalidare un ricordo perché, attraverso la stimolazione alternata bilaterale, l’esperienza traumatica viene elaborata e immagazzinata correttamente nel cervello.
4) L’EMDR NON GENERA FALSI RICORDI NEMMENO NEI BAMBINI
È possibile che i bambini possano avere falsi ricordi ma non attraverso l’EMDR. La tecnica infatti ha il solo scopo di elaborare il ricordo per integrarlo nel presente in modo che esso non dia più fastidio.
In conclusione, il trattamento EMDR condotto da terapeuti formati, esperti e supervisionati, ha lo scopo di aiutare le persone a rielaborare i traumi psicologici, generando nuove connessioni neurali e permettendo al ricordo di essere integrato nella propria storia di vita, lasciando una volta per tutte il passato nel passato.
BIBLIOGRAFIA
- Amabili M., Di Domenico A., (2024). La Flash Technique. Rendere più accessibili e rielaborare le memorie traumatiche più travolgenti. Giovanni Fioriti Editore, Roma
- Haour, F. e de Beaurepaire, C., (2016). Summary: Scientific evaluation of EMDR psychotherapy. L’encephale, 42(3), 284-288.
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- Navarro, P. N., Landin-Romero, R., Guardiola-Wanden-Berghe, R., Moreno-Alcázar, A., Valiente-Gómez, A., Lupo, W. e Amann B. L., (2018). 25 years of Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR): The EMDR therapy protocol, hypotheses of its mechanism of action and a systematic review of its efficacy in the treatment of post-traumatic stress disorder. Revista de Psiquiatría y Salud Mental (English Edition), 11(2), 101-114.
- Shapiro F., (2019) “EMDR. Principi fondamentali, protocolli e procedure”
- Verardo A. R., Lauretti G., (2020) “Riparare il trauma infantile. Manuale teorico d’integrazione tra sistemi motivazionali ed EMDR”
SITOGRAFIA
- www.emdr.it
- www.who.it
L’alleanza terapeutica nell’EMDR, nella Flash Technique e nell’Imagery
L’alleanza terapeutica è un concetto introdotto in ambito psicoanalitico ma è stato preso in larga considerazione anche nelle psicoterapie cognitivo comportamentali con lo scopo di monitorare l’andamento della relazione tra terapeuta e paziente nel qui ed ora. Infatti, secondo due rilevanti meta-analisi, il mantenimento di una buona alleanza terapeutica costituisce uno dei più importanti e forti predittori di buon esito della psicoterapia (Horvath & Symonds, 1991; Martin, Garske & Davis, 2000; Lingiardi, 2002; Norcross, 2011; Safran e Muran, 2000; Horvath, Del Re, Flückiger et al., 2011).
L’alleanza terapeutica è inoltre un prodotto costituito da tre principali fattori che si influenzano l’un l’altro (Bordin, 1979). Il primo fattore è una chiara definizione degli obiettivi che terapeuta e paziente concordano all’inizio del trattamento o durante il trattamento stesso, il secondo fattore consiste nella definizione dei compiti precisi che l’uno e l’altro dovranno svolgere all’inizio del trattamento mentre il terzo fattore rappresenta il tipo di legame che si andrà a creare tra i membri della diade terapeutica.
Questa definizione dimostra come sia l’alleanza terapeutica sia l’intera psicoterapia siano dei processi estremamente collaborativi tra i due soggetti interagenti in quanto terapeuta e paziente saranno attivi nei loro specifici ruoli. Infatti, il terapeuta è l’indispensabile esperto di psicologia clinica e di teoria della cura mentre il paziente è l’altrettanto indispensabile e anzi l’unico vero esperto delle proprie emozioni, stati mentali e propensioni. Il legame si instaura tra comportamenti, emozioni e i pensieri di entrambi i soggetti poiché la relazione terapeutica rappresenta un legame di attaccamento a tutti gli effetti in cui sono presenti la ricerca di vicinanza, la protesta verso la separazione e il bisogno di una base sicura (Weiss, 1982). Di conseguenza, il paziente avrà la tendenza ad applicare i propri Modelli Operativi Interni (MOI) verso il terapeuta in quanto memore dei ricordi, delle aspettative e i significati costruiti nella relazione con le proprie figure genitoriali. Tuttavia, anche i Modelli Operativi Interni (MOI) dello psicoterapeuta saranno attivi ed è bene che quest’ultimo ne sia più consapevole possibile per gestire eventuali frustrazioni personali che giocano un ruolo significativo nel costruire, mantenere e riparare l’alleanza terapeutica.
Stando al modello teorico cognitivo evoluzionista, si può dunque parlare di buona alleanza terapeutica quando paziente e terapeuta collaborano nel perseguire gli obiettivi condivisi, rispettano i compiti del trattamento ed è presente un legame affettivo costituito da fiducia e rispetto. In queste condizioni, il sistema motivazionale volto al mantenimento di un’alleanza terapeutica stabile è quello cooperativo e riduce l’attivazione di cicli interpersonali maladattivi. Ciò accade poiché l’EMDR, la Flash Technique e le tecniche immaginative permetterebbero in condizioni di sicurezza di fronteggiare la sofferenza, disattivando temporaneamente il sistema dell’attaccamento e attivando il sistema esplorativo (Onofri e Tombolini, 2004) e integrare le precedenti esperienze di attaccamento deficitarie e patologiche attraverso la produzione virtuale di esperienze interpersonali mutative (Manfield, 1998; Parnell, 1999; Giannantonio 2000; Wade e Wade, 2000). Di conseguenza, il paziente migliorerà in maniera esponenziale le sue funzioni metacognitive, intese come “la capacità di identificare e attribuire a sé e agli altri stati mentali, pensare e riflettere sui propri e sugli altrui stati mentali; usare tali conoscenze per prendere decisioni, risolvere conflitti, problemi relazionali e padroneggiare stati di sofferenza soggettiva” (Carcione et al.,1997).
Considerando tali premesse, sarebbe dunque preferibile utilizzare il protocollo EMDR, la Flash Technique e le tecniche immaginative solamente dopo aver fatto una buona concettualizzazione del caso, assicurandosi che la relazione terapeutica sia stabile e non dentro cicli interpersonali disfunzionali e quando il paziente non presenta situazioni di urgenza come rischio di drop out, pensieri e condotte suicidari, elevata disregolazione emotiva e dissociazione, abuso di sostanze o alcool.
BIBLIOGRAFIA
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- Petrilli D., “EMDR. Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari. Caratteristiche distintive” (2014)
- Verardo A. R., Lauretti G., “Riparare il trauma infantile. Manuale teorico d’integrazione tra sistemi motivazionali ed EMDR” (2020)
Riconoscere e guarire i traumi del presente e del passato
INTRODUZIONE AL CONCETTO DI TRAUMA
Approfondire il concetto di Trauma è molto importante nel campo della salute mentale al fine di comprendere complessivamente l’eziopatogenesi della psicopatologia e delle conseguenze sugli individui.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il trauma può essere definito come il “risultato mentale di un evento o una serie di eventi improvvisi ed esterni in grado di rendere l’individuo temporaneamente inerme e di disgregare le sue strategie di difesa e di adattamento” (OMS, 2002). L’American Psychiatric Association definisce invece il Trauma psicologico come “l’essere presenti ad un evento che comporta la morte, lesioni o altre minacce all’integrità fisica di un’altra persona il venire a conoscenza della morte violenta o inaspettata, di grave danno o minaccia di morte o lesioni sopportate da un membro della famiglia o da altra persona con sui si è in stretta relazione” (APA, 1994). Prendendo spunto da tali definizioni postulate da tali internazionali fonti autorevoli, possiamo generalmente sintetizzare il Trauma come un “evento emotivamente non sostenibile per chi lo subisce” (Liotti, Farina, 2011) o “un evento stressante, dal quale non ci si può sottrarre, che sovrasta le capacità di resistenza dell’individuo” (van der Kolk, 1996) poiché si sviluppa in base alle capacità della persona nel sostenerne le conseguenze.
LE CONSEGUENZE PSICOLOGICHE DEL TRAUMA
I traumi non possono solamente essere considerati eventi singoli (es. calamità naturali, incidenti etc.) poiché riguardano anche le esperienze relazionali disfunzionali tra bambino e le persone che dovrebbero prendersi cura di lui. Infatti, i traumi relazionali precoci si caratterizzano per condizioni stabili, intense e ripetute nel tempo che mettono a repentaglio l’incolumità psicofisica del bambino e coincidono con la disorganizzazione dell’attaccamento (Schore, 2003) caratterizzata da una compromissione del senso di sicurezza, dalla difficoltà della gestione delle emozioni e degli impulsi e dall’incapacità di avere relazioni soddisfacenti.
Le esperienze sfavorevoli infantili avvenute prima dei diciotto anni come ricorrenti abusi fisici, psicologici o sessuali, presenza di persone con dipendenza da sostanze all’interno dell’ambiente familiare o di soggetti che hanno avuto problemi con la giustizia, membri della famiglia con disturbi mentali conclamati, presenza di violenza familiare, presenza di un solo o nessun genitore e la trascuratezza fisica ed emotiva predispongono l’individuo allo sviluppo di problematiche psichiatriche. Infatti, le esperienze sfavorevoli infantili si associano al 44% delle psicopatologie durante l’età dello sviluppo e al 30% delle forme in età adulta, costituendo dei potenti fattori di rischio per lo sviluppo di disturbi psicologici in qualsiasi età (Kessler et al., 2010).
LE CONSEGUENZE ORGANICHE DEL TRAUMA
I Traumi hanno delle conseguenze negative non solo sulla salute psichica ma anche sulla salute fisica dell’individuo. Infatti, l’esposizione ad esperienze sfavorevoli in età evolutiva accelera le varie cause di morte negli adulti come la comparsa di un attacco ischemico o cardiaco, un cancro, una malattia cronica polmonare, le fratture scheletriche o le malattie al fegato (Felitti et al., 2012), Lo studio appena citato corrobora altri studi precedenti in cui era già stata dimostrata una correlazione significativa tra esperienze sfavorevoli in età infantile e depressione, abuso di sostanze, promiscuità sessuale e violenza domestica, cardiopatie, tumori, diabete e disturbi epatici (Felitti et al., 1998).
Determinate esperienze di maltrattamento e trascuratezza nell’infanzia si associano anche ad anomalie strutturali e funzionali in diverse regioni del cervello tra cui la corteccia prefrontale che regola le funzioni di logica e ragionamento, il corpo calloso che integra le attività tra i due emisferi e il sistema limbico deputato alla produzione e alla regolazione delle emozioni. Tali esperienze alterano anche la produzione del cortisolo e di altri neurotrasmettitori come adrenalina, dopamina e serotonina che regolano il tono dell’umore e diverse funziomi comportamentali.
Tali vissuti, se non vengono correttamente elaborati, continuano ad avere un impatto sulle strutture cerebrali, alterando le connessioni neurali e diventano così dei ricordi immagazzinati in una rete neurale in cui la capacità di elaborare l’informazione traumatica rimane interrotta. I ricordi di eventi traumatici rimangono così non verbali, frammentati, intrusivi e decontestualizzati e, non subendo il processo di elaborazione, causano i sintomi nel presente (Brewin et al., 1996)
IL TRATTAMENTO PSICOTERAPEUTICO DEL TRAUMA
Le linee guida dell’OMS sostengono che “la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale individuale o di gruppo (CBT) focalizzata sul trauma oppure la Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari (EMDR) dovrebbero essere indicate per bambini, adolescenti e adulti con disturbo post-traumatico da stress” (WHO, 2013)”. Infatti, dopo un trauma o uno stress grave, con la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale e l’EMDR le persone prendono consapevolezza del fatto che ciò che è successo non si può cambiare ma si può ridurre l’impatto emotivo del ricordo traumatico, rielaborandolo in maniera più adattiva e facendo in modo che questo non dia più fastidio e rechi disagio nel presente. Di conseguenza, le persone lasceranno una volta per tutte il passato nel passato, recuperando la propria serenità, rafforzando gli aspetti della loro autostima e imparando ad avere più fiducia nelle loro capacità.
BIBLIOGRAFIA
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- Liotti G., Farina B., “Sviluppi traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa” (2011)
- van der Kolk, Bessel A., “The complexity of adaptation to trauma: Self-regulation, stimulus discrimination, and characterological development” (1996)
SITOGRAFIA
- emdr.it
- who.it
Come migliorare la salute mentale ai tempi del Covid-19
L’IMPATTO PSICOSOCIALE DELLA PANDEMIA DA COVID-19
La pandemia da Covid-19 sarà seguita da cambiamenti economici, psicologici, sociali e lavorativi che rappresentano indubbiamente elementi stressanti e traumatici non solo per il personale sanitario ma per tutta la popolazione mondiale. Infatti, ci troviamo a convivere con manifestazioni psicosomatiche legate alla quarantena e all’isolamento forzato, aumento dei conflitti familiari e relazionali a causa della limitazione dei propri spazi personali, sensazioni di incertezza e ansia verso il futuro, la perdita di persone care e il lutto conseguente, pensieri di ruminazione sul passato, rimuginio sul futuro, facile irritabilità, stanchezza cronica in assenza di sforzi eccessivi e difficoltà di concentrazione. Non sapendo quanto tutto questo durerà, è normale sperimentare sentimenti di impotenza e di angoscia, soprattutto perché al momento nessuno di noi possiede risorse e soluzioni rapide che ci permetteranno di uscire da questo caos.
LE CONSEGUENZE PSICOLOGICHE A BREVE E A LUNGO TERMINE DELLA PANDEMIA
Il nostro cervello e la nostra mente attraversano diversi step prima di adattarsi e dunque accettare gli eventi stressanti e traumatici a cui si è esposti, con il risultato finale di una lettura soggettiva meno catastrofica e più funzionale di essi.
Tuttavia, qualora questo processo di adattamento non si dovesse verificare, i disturbi mentali trovano un terreno favorevole per la loro crescita, andando a rovinare la qualità della vita delle persone. Infatti, a breve termine diverse forme di psicopatologia già presenti prima della pandemia potrebbero subire un aggravamento (es. disturbi d’ansia e dell’umore, ipocondria e schizofrenia). Inoltre, a lungo termine potrebbe verificarsi anche un aumento della categoria dei disturbi mentali caratterizzati da elementi di stress e trauma come il Disturbo Acuto da Stress, il Disturbo Post-Traumatico da Stress, il Disturbo dell’Adattamento e i Disturbi Dissociativi. Quest’ultimi presentano diversi sintomi psicologici tra i quali difficoltà cronica di concentrazione, comportamenti spericolati che mettono a rischio la propria e l’altrui incolumità, facile irritabilità ed esplosioni di rabbia, sensazioni di distacco ed estraneità verso gli altri, riduzione dell’interesse o di partecipazione a tutto ciò che prima apparteneva alla quotidianità, umore negativo persistente unito a difficoltà a provare emozioni positive, disturbi del sonno e insorgenza di ricordi intrusivi di tipo negativo.
L’INSORGENZA DELLO STRESS E DEL TRAUMA CONSEGUENTI AL COVID-19
Per quanto riguarda un approfondimento generale sul Trauma, vi rimando alla lettura di un altro articolo del mio blog “Riconoscere e guarire i traumi del presente e del passato”. Invece, in relazione alle sindromi traumatiche conseguente alla pandemia, ritengo opportuno soffermarmi sulle loro conseguenze devastanti come la compromissione globale del funzionamento emotivo e comportamentale delle persone e la tendenza alla cronicizzazione che si associano ad un peggioramento della qualità della vita.
Inoltre, bisogna anche considerare le difficoltà a fare una corretta diagnosi da un personale sanitario poco formato sulla psicotraumatologia che spesso tende a trattare tali disturbi solamente in maniera marginale, focalizzandosi solamente alcune delle loro manifestazioni secondarie (es. ansia, panico, depressione, insonnia, somatizzazioni di origine non organica, abuso di sostanze). Di conseguenza, si potrebbe rischiare una saturazione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), assistere ad un errato incremento della prescrizione di psicofarmaci ansiolitici che avranno effetti collaterali di dipendenza (es. benzodiazepine) ed uno scarso impiego di interventi efficaci basati sull’evidenza scientifica come la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale e il trattamento EMDR.
CURARE EFFICACEMENTE E IN BREVE TEMPO LO STRESS E IL TRAUMA DA COVID-19
Poiché tra poco tempo è molto probabile che si verificherà sia un peggioramento delle psicopatologie già presenti sia un esordio delle sindromi post traumatiche, l’azione più opportuna da fare per preservare e migliorare la propria salute mentale in maniera ottimale è rivolgersi esclusivamente a professionisti che abbiano conseguito una specializzazione in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale, un’adeguata formazione in psicologia dell’emergenza e abbiano esperienza nel trattamento EMDR.
Infatti, tali affermazioni sono supportate da fonti autorevoli come l’Organizzazione Mondiale della Sanità in cui viene espressamente dichiarato che “la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale individuale o di gruppo (CBT) focalizzata sul trauma oppure la Desinsibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari (EMDR) dovrebbero essere indicate per bambini, adolescenti e adulti con disturbo da stress post traumatico” (OMS, 2013). Infatti, la CBT e l’EMDR sono metodiche psicoterapeutiche di larga efficacia poiché sono basate sull’evidenza scientifica che saranno di grande giovamento alle persone, aiutandole a rielaborare le esperienze emotivamente devastanti associate agli eventi stressanti e di conseguenza a recuperare la propria serenità.
In aggiunta a ciò, se vi accorgete di avere sintomi da Long Covid come nebbia cognitiva, stanchezza cronica o problematiche di memoria e di attenzione non dovute a cause neurologiche è consigliato integrate le precedenti forme di terapia con Fotobiomodulazione (NIR) e la Stimolazione Magnetica Transcranica (fTMS).
BIBLIOGRAFIA
- American Psychiatric Association., “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – V Edizione” (2013)
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- Freeman M. P., “COVID-19 From a Psychiatry Perspective: Meeting the Challenges” (2020)
- Liotti G., Farina B., “Sviluppi traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa” (2011)
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SITOGRAFIA
- emdr.it
- thelancet.com
- psycnet.apa.org
- who.it
Trauma nel personale sanitario e Covid-19: come può aiutare la psicoterapia?
Ognuno di noi guardando le immagini televisive relative ai reparti di terapia intensiva, ascoltando giorno per giorno il numero di decessi e convivendo con l’alto rischio di contagio e la scarsa sicurezza si è trovato a sperimentare sentimenti di angoscia, paura e disperazione.
In Italia, come nel resto del mondo, tali condizioni hanno colpito in prima linea il nostro personale sanitario che si è trovato in una corsa contro il tempo per salvare più vite umane possibili in condizioni lavorative sfavorevoli: infatti la pandemia da Covid-19 ha messo in ginocchio una popolazione intera e mandato in tilt il Sistema Sanitario Nazionale con conseguenti ripercussioni negative sul piano psicologico. Sperimentare continuamente e in maniera intensa delle reazioni emotive particolarmente intense crea uno scompenso nel sistema nervoso che andrà a compromettere il funzionamento psicologico globale non solo nel breve ma anche nel lungo termine, gettando così le basi per lo sviluppo di disturbi psicopatologici come ansia, panico, depressione, insonnia e stress in fase acuta e cronica. Analogamente, secondo una recente ricerca pubblicata sul JAMA, un campione di operatori sanitari in Cina ha avuto delle gravi ripercussioni sulla salute mentale, come già avvenuto in occasione dell’epidemia della SARS esplosa nel 2003.
Infatti, è usuale che medici, infermieri e operatori socio sanitari durante la fase operativa sperimentino disorientamento per il caos dello scenario, rabbia e frustrazione per la disorganizzazione nei reparti, sentimenti di impotenza e inadeguatezza o, al contrario, onnipotenza e difficoltà a riconoscere i propri limiti personali e l’identificazione con le vittime e i loro familiari. Invece, alla fine del turno o nel momento in cui tornano presso le proprie abitazioni, molto spesso si trovano a fare i conti con senso di colpa, basso tono dell’umore, frustrazione, angoscia e confusione. Oppure, è possibile che ci siano difficoltà ad identificare i propri stadi d’animo e che si presentino di conseguenza spiacevoli sintomi somatici.
LE REAZIONI STRESSANTI E TRAUMATICHE A BREVE E A LUNGO TERMINE
Le reazioni più comuni che variano per frequenza ed intensità di persona in persona e possono durare da un periodo di alcuni giorni fino ad alcune settimane sono le seguenti:
- Comparsa di immagini o pensieri intrusivi: sono immagini ricorrenti delle scene oppure pensieri disfunzionali che compaiono indipendentemente dalla propria volontà;
- Sentimenti d’ansia o paura eccessiva: forte senso di agitazione o comparsa di paure che non erano presenti in precedenza;
- Evitamento: voglia di non presentarsi al lavoro e procrastinare le attività quotidiane e lavorative;
- Aumento dell’irritabilità: comparsa di rabbia per situazioni lieve entità o scatti d’ira immotivata;
- Senso di isolamento: sensazione di sentirsi abbandonati o soli, tendenza ad isolarsi e non parlare con nessuno;
- Confusione mentale: facile distraibilità, difficoltà nel mantenere la concentrazione e prendere decisioni in maniera adeguata;
- Problemi relazionali: difficoltà a mantenere dei rapporti soddisfacenti con colleghi, amici e familiari;
- Alterazioni del sonno: difficoltà nell’addormentamento, risvegli e incubi frequenti oppure bisogno di dormire molto più del solito;
- Abitudini alimentari scorrette: mangiare in maniera irregolare, preferire soprattutto cibi poco salutari a base di grassi (es. dolci) o carboidrati complessi (pizza, pasta, patatine fritte) e aumento di consumo di tabacco e alcool;
- Somatizzazioni e sintomi da Long Covid: mal di testa, disturbi gastrointestinali, difficoltà a distendersi e rilassarsi, aumento del battito cardiaco, della pressione corporea e della frequenza respiratoria, nausea e tremori.
QUALI SONO I TRATTAMENTI PIU’ EFFICACI?
Secondo le più recenti ricerche scientifiche e le linee guida proposte dall’Organzzazione Mondiale della Sanità, il trattamento EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) e la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale (CBT) rappresentano i principali metodi d’intervento per il trattamento del trauma di qualsiasi entità, del Disturbo da Stress Post Traumatico e per ansia, depressione e attacchi di panico. Entrambi vengono dunque utilizzati come strumenti di prevenzione nello sviluppo dei possibili disturbi psicologici che possono insorgere a seguito di un evento critico e per rielaborare gli episodi di vita negativi in una maniera più funzionale, facendo in modo che essi non sia più fonte di disturbo nel presente.
In sintesi, è consigliato rivolgersi ad uno psicoterapeuta specializzato in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale e che abbia conseguito una formazione nel trattamento EMDR poiché con maggiori probabilità sarà in grado di aiutarvi nel recuperare la serenità e migliorare la vostra qualità della vita. In aggiunta a ciò, se vi accorgete di avere sintomi da Long Covid come nebbia cognitiva, stanchezza cronica o problematiche di memoria e di attenzione non dovute a cause neurologiche è consigliato integrate le precedenti forme di terapia con Fotobiomodulazione (NIR) e la Stimolazione Magnetica Transcranica (fTMS).
BIBLIOGRAFIA
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SITOGRAFIA
- www.emdr.it
- www.ncbi.nlm.nih.gov