Come mi accorgo che un adolescente è depresso?
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INTRODUZIONE
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) sono delle patologie caratterizzate da una serie di problemi relativi alla capacità di lettura, scrittura e calcolo e sono causate da una diversità neurologica che avviene durante la crescita cerebrale nei primi anni di vita. Il loro esordio avviene durante la scuola elementare, generalmente tra la classe prima e la classe terza ma, in alcuni casi, durante la scuola materna possono essere presenti dei sintomi precursori come problematiche linguistiche e difficoltà motorie.
COME SI MANIFESTANO I DSA?
A grandi linee, i bambini e gli adolescenti con DSA presentano alcune difficoltà nel campo dell’apprendimento. Tra queste sono presenti:
- Lettura imprecisa, lenta o faticosa
- Pronuncia delle parole in modo sbagliato ad alta voce, con esitazione o una tendenza a tirare ad indovinare
- Difficoltà di comprensione del significato di un testo
- Tendenza a sostituire o ad omettere alcune parti di parole
- Molti errori grammaticali o di punteggiatura all’interno di una frase
- Difficoltà del ragionamento matematico.
Le difficoltà di lettura, scrittura e calcolo non hanno risoluzione spontanea ma sono persistenti, sono molto al dì sotto di quelle che ci aspetterebbe per l’età del soggetto e causano difficoltà di adattamento a scuola, nel lavoro e nella vita quotidiana. Inoltre, è importante ricordare che il deficit di apprendimento non dipende né da un basso quoziente intellettivo (che risulta nella norma e, in alcuni casi, è anche superiore), né da problemi all’udito e alla vista, né da altri disturbi mentali o neurologici, né da problemi psicosociali né dall’istruzione inadeguata né da una scarsa conoscenza della lingua.
Il funzionamento sociale all’interno del gruppo classe delle persone con DSA può risultare molto problematico. Infatti, avendo difficoltà nelle performance scolastiche, tenderebbero a sentirsi inferiori e inadeguate anche nelle interazioni con i coetanei.
Inoltre, essendo il percorso scolastico di questi soggetti frequentemente segnato da ripetuti insuccessi, non è raro che insegnanti e genitori tendano erroneamente ad accusarli di essere oppositivi, demotivati e disinteressati. Atteggiamenti di questo tipo non sono per nulla d’aiuto ma comportano solo conseguenze sgradevoli come l’evitamento dei compiti scolastici e ripetuti conflitti con insegnanti e genitori, in quanto gli studenti non si sentono riconosciuti nelle proprie difficoltà ma solo accusati di qualcosa di cui non sono colpevoli.
COME INTERVENIRE?
L’intervento terapeutico consiste nell’aiutare queste persone a potenziare le capacità di lettura, scrittura e calcolo e gestire i fattori emozionali e relazionali in maniera adeguata. Infatti, è bene sottolineare che i soggetti con DSA soffrono molto per le loro carenze le quali incidono pesantemente sull’autostima e sulla motivazione all’apprendimento e agiscono da fattori predisponenti per lo sviluppo di ulteriori disturbi psicopatologici come ansia, panico e depressione.
Dopo un’accurata valutazione psicodiagnostica effettuata tramite test e una serie di colloqui psicologici iniziali, è fortemente consigliato trattare i DSA con una Psicoterapia Cognitivo Comportamentale, un metodo non farmacologico molto efficace che interviene sia come sostegno psicologico nell’ambiente scolastico e familiare sia sul problema psicopatologico di apprendimento.
Inoltre, è importante associare la terapia cognitivo comportamentale con l’impiego di neurotecnologie come il Neurofeedback Dinamico Non Lineare NeurOptimal® che aiuta a potenziare il cervello, aumentando nelle persone le capacità di memoria, concentrazione e problem solving, grazie alla plasticità neuronale che gli consente di evolversi e di adattarsi in qualsiasi nuova situazione.
BIBLIOGRAFIA
- American Psychiatric Association, “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – 5° Edizione” (2013)
- Isola L., Romano G., Mancini F., “Psicoterapia cognitiva dell’infanzia e dell’adolescenza. Nuovi Sviluppi” (2016)
- Lo Presti G., “Nostro figlio è dislessico. Manuale di autoaiuto per i genitori di bambini con DSA” (2015)
- Lo Presti G., Vio C., “Diagnosi dei disturbi evolutivi. Modelli, criteri diagnostici e casi clinici” (2014)
- Lo Presti G., Tressoldi P. E., Vio C., “Diagnosi dei disturbi specifici dell’apprendimento scolastico” (2013)
SITOGRAFIA
- www.neuroptimal.com
Ansia e pensieri negativi nell’impotenza sessuale
La Disfunzione Erettile (DE), nota anche come disturbo erettile ma più comunemente come impotenza, colpisce in Italia circa 3 milioni di uomini. Questo problema sessuale consiste nell’incapacità di raggiungere o mantenere l’erezione per un periodo di almeno 6 mesi, pur in presenza di appetito sessuale, e non deve dipendere nè da un altro disturbo mentale di tipo non sessuale nè da effetti collaterali di un farmaco o di un’altra condizione medica.
Per un’accurata diagnosi, è sempre necessario effettuare degli esami preliminari di tipo medico da un endocrinologo o da un andrologo per vedere se questo disturbo sessuale sia dovuto ad un problema organico. Esclusa la natura medica del problema, è necessario contattare uno psicoterapeuta per comprendere ed affrontare i fattori psicologici alla base dell’impotenza.
I fattori psicologici e relazionali dell’impotenza sono diversi. Tra questi, troviamo la paura dell’insuccesso poiché, quando viene ingigantito e drammatizzato il fatto che qualche volta si sia persa l’erezione, l’uomo sperimenta un aumento dell’ansia da prestazione. A ciò, si aggiungono il timore di essere abbandonato e di non essere amato, la difficoltà di abbandonarsi alle proprie sensazioni corporee, lo scarso coinvolgimento che abbassa la voglia di fare sesso o, contrariamente, l’eccessivo coinvolgimento il quale aumenta l’ansia da prestazione e, infine, situazioni stressanti di vario tipo come problematiche economiche o l’eccessivo carico di lavoro.
L’ansia da prestazione è dovuta ad un’eccessiva preoccupazione per la performance sessuale. Infatti, un primo o alcuni fallimenti, innescano nella mente del soggetto un circolo di pensieri fissati unicamente sulla prestazione che aumentano l’ansia, rendendo più probabile il fallimento. In questi casi infatti, a causa delle precedenti esperienze negative, l’uomo concentra l’attenzione unicamente sulle conseguenze della performance fallimentare poiché teme eventualmente di essere criticato, deriso e abbandonato. Inoltre, ad influire negativamente sul quadro, si aggiungono anche altri pensieri disfunzionali e convinzioni sbagliate socialmente diffuse in cui il fallimento sessuale dell’uomo viene generalmente visto come inaccettabile in quanto viene messa in discussione la sua virilità.
TRATTAMENTO PSICOTERAPEUTICO
Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale (CBT) e la Terapia Mansionale Integrata (TMI) sono dei metodi molto valido per il trattamento dell’impotenza. Infatti, il soggetto impara a riconoscere i pensieri disfunzionali e il continuo rimuginio sulla performance sessuale, a gestire l’ansia da prestazione e si possono risolvere eventuali dinamiche dannose presenti all’interno della coppia che contribuiscono a mantenere il problema presentato. Infine, considerato il legame tra eventi traumatici di vario tipo e disturbi sessuali, è consigliato integrare la CBT e la TMI con il Trattamento EMDR e la Flash Technique.
BIBLIOGRAFIA
- American Psychiatric Association, “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – 5° Edizione” (2013);
- Althof S. E., “Sex therapy and combined (sex and medical) therapy (2010);
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- Déttore D., “Trattato di psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale” (2018);
- Fenelli A., Lorenzini R., “Clinica delle disfunzioni sessuali” (2012);
- Giuri S. et al., “Cognitive attentional syndrome and metacognitive beliefs in male sexual disfunction: an exploratory study” (2016);
- Isola E., Maccarone B., “EMDR e Disturbi sessuali” (2019)
- Jannini E. A. et al., “Health related charachteristics ad unmet needs of men with erectile dysfunction: a survey in five European country” (2014);
- Jannini E. A., Lenzi A., Maggi M., “Sessuologia medica. Trattato di psicosessuologia e medicina della sessualità” (2007);
- Kaplan H. S., “Nuove terapie sessuali” (1974);
- Masters W. H. e Johnson V. E., “Human sexual inadequacy” (1970);
- McCarthy B. W. e Fucito L. M., “Integrating medication, realistic expectation and therapeutic intervention in the treatment of male sexual dysfunction” (2005);
- Metz M.e McCarthy B. W., “Coping with premature ejaculation” (2004);
- Perazzini F. et al., “Frequency and determinants of erectile dysfunction in Italy” (2000);
L’ipocondria: liberarsi dal timore delle malattie
Nella quinta edizione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, il Disturbo da sintomi somatici e il Disturbo da ansia di malattia comprendono le caratteristiche dell’Ipocondria, termine che ormai nella letteratura psichiatrica e psicologica non viene più utilizzato.
Infatti, entrambi i disturbi precedentemente menzionati rientrano nel capitolo “Disturbo da sintomi somatici e altri disturbi correlati” in cui sono presenti varie categorie diagnostiche accomunate da un elemento in comune: il disagio non è attribuito alla presenza dei sintomi somatici stessi ma piuttosto al modo in cui tali sintomi vengono interpretati in quanto ad essi si associano pensieri e comportamenti anomali. Dunque, l’assenza di una spiegazione di origine medica dei sintomi somatici non è più considerata il requisito primario per effettuare la diagnosi.
Il Disturbo da sintomi somatici si caratterizza per la presenza di uno o più sintomi somatici che, essendo erroneamente interpretati come segno di una patologia pericolosa, interferiscono con la qualità della vita per un periodo superiore a sei mesi. Inoltre, sono presenti pensieri e comportamenti eccessivi relativi alla gravità dei sintomi sperimentati, forte ansia e la preoccupazione continua per la propria salute. Tuttavia, la preoccupazione per la malattia non deve essere correlata alla presenza di un altro disturbo mentale.
Il Disturbo da ansia di malattia è diagnosticabile quando l’individuo sperimenta da almeno sei mesi la preoccupazione di avere o contrarre una grave malattia non diagnosticata in assenza di sintomi somatici. A ciò, si aggiunge un elevato livello di ansia per la salute (es. monitoraggio continuo del proprio corpo, controlli ripetuti per accertare la malattia temuta come frequenti visite mediche, scrupolosi accertamenti sui siti internet di medicina e frequenti rassicurazioni da parte delle persone più intime) o, contrariamente, la messa in atto comportamenti evitanti (es. evitare ospedali e visite mediche). Tuttavia, in alcuni casi, i sintomi somatici possono essere presenti in lieve entità e vengono interpretati in modo catastrofico. Inoltre, la preoccupazione per la malattia non deve dipendere da un altro disturbo mentale.
Gli elementi che accomunano entrambi i disturbi precedentemente menzionati sono l’eccessiva ansia associata alla convinzione di avere una grave malattia che viene immaginata come invalidante, degradante e in lento declino e la rigida scrupolosità per evitare il senso di colpa di non essere stati abbastanza prudenti. Infatti, questi individui, essendo esclusivamente concentrati sull’azzeramento totale del rischio di malattia e dell’ansia, vogliono evitare a tutti i costi di essere malati e di essere persone deboli fisicamente e psichicamente.
Secondo le recenti ricerche scientifiche, entrambe le precedenti forme di psicopatologia possono essere curate con successo attraverso la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale, un metodo non farmacologico che si dimostrato estremamente efficace nel modificare le credenze ipocondriache, nel fa accettare l’individuo il rischio di malattia e di debolezza e nel prevenire e ridurre le ricadute. La psicoterapia cognitivo comportamentale si è inoltre dimostrata molto più risolutiva degli psicofarmaci i quali, nelle forme più lievi, si limitano solo a ridurre l’ansia a breve termine, non costituendo dunque una forma di cura risolutiva. Inoltre, considerato lo stretto rapporto che intercorre tra l’insorgenza di sintomi ipocondriaci ed eventi traumatici emotivamente non sostenibili, è opportuno integrare la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale con il trattamento EMDR.
BIBLIOGRAFIA
- American Psychiatric Association, “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – 5° Edizione – Text Revision” (2023)
- Barsky A. J. & Ahern D. K., “Cognitive behavioural therapy for hypochondriasis: a randomized controlled trial” (2004)
- Bouman, T. K., & Visser, S., “Cognitive behavioural treament of hypochondriasis” (1998)
- Olde Hartman, T. C., Borghuis, M. S., Lucassena, P. L. B. J., van de Laara, F. A., Speckens, A. E., & van Weela, C., “Medically unexplained symptoms, somatisation disorder and hypochondriasis: Course and prognosis. A systematic review” (2009)
- Perdighe C., Mancini F., “Elementi di psicoterapia cognitiva” (2010)
- Taylor, S., Asmundson, G. J., & Coons, M. J., “Current directions in the treatment of hypochondriasis” (2005)
Disturbi di personalità e rischio di violenza
La celebre rivista Cognitivismo.com ha pubblicato la mia recensione di un articolo in cui è stata analizzata un’ampia letteratura sul rapporto tra comportamenti violenti e disturbi di personalità del cluster B, soprattutto Borderline, Narcisistico e Antisociale.
L’articolo completo è consultabile al seguente link: Disturbi di personalità del Cluster B e rischio di violenza
Dr. Alessandro Di Domenico – Centro di Psicoterapia e Salute “Mind Lab”
Learn MoreSono una persona timida o soffro di Fobia Sociale?
Una leggera ansia prima di una determinata situazione, l’imbarazzo e la paura di essere umiliati e giudicati negativamente sono caratteristiche tipiche di ogni essere umano. Questi fattori sono comunemente riconducibili alla timidezza, un tratto di personalità che occasionalmente è causa di lieve disagio ma non rovina la qualità della vita delle persone e non è dunque classificabile come disturbo psichiatrico. Infatti, le persone timide iniziano di solito a preoccuparsi solo un po’ prima della situazione temuta e, nel bel mezzo di essa, sperimentano una riduzione dell’ansia e dell’imbarazzo che riescono successivamente a gestire, conducendo un’esistenza personale, sociale e lavorativa piuttosto serena.
Contrariamente alla timidezza, la Fobia Sociale o Disturbo d’ansia sociale è una psicopatologia di cui soffrono alcune persone che da almeno sei mesi sperimentano:
- un grande timore di essere criticate dagli altri mentre si eseguono azioni o compiti di vario genere;
- un’ansia molto elevata rispetto ad una reale minaccia;
- timore di avere interazioni sociali (es. incontrare e parlare con persone sconosciute, essere osservati mentre si mangia o fare un discorso davanti ad altre persone etc.)
- timore di di essere giudicate per le conseguenze fisiologiche causate dall’ansia stessa (rossore del volto, sudorazione intensa, secchezza della lingua e delle fauci, abbassamento del tono e del timbro e della voce, difficoltà a mantenere il contatto oculare, postura rigida etc.).
Gli individui che soffrono di Fobia Sociale sono mossi da un obiettivo particolare: la loro esistenza non mira allo scopo di fare una bella figura ma al contrario cercano di evitare a tutti i costi di farne una brutta, temendo con estremo disagio di sperimentare vergogna e imbarazzo. Inoltre, non è raro che la Fobia Sociale possa essere accompagnata dall’insorgenza di altre forme di psicopatologia come un disturbo d’ansia generalizzata, disturbo da attacchi di panico, depressione nelle sue varie forme o abuso di sostanze, soprattutto tendenzialmente quelle che inducono rilassatezza e stordimento come cannabis e alcool.
Per gestire la condizione di disagio che si trova a sperimentare, la persona che soffre di Fobia Sociale tende a mettere in atto dei comportamenti di evitamento (es. rifiutare con una scusa di presentarsi ad un appuntamento o ad una riunione) o dei comportamenti protettivi (es. muoversi sul posto, abusare di alcool e droghe per alleviare l’ansia, portare con sè il farmaco ansiolitico o assumerlo prima di una situazione temuta). Tali condotte, pur sembrando efficaci poiché inzialmente riducono l’ansia per poco tempo, a lungo andare non fanno altro che mantenere ed aggravare ulteriormente il problema piuttosto che risolverlo.
Per intervenire con ottimi risultati e migliorare la propria qualità della vita da un punto di vista personale e relazionale, il primo passo da fare è contattare quanto prima uno psicoterapeuta cognitivo comportamentale. Infatti, la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale è considerata dalle linee guida internazionali come il trattamento elettivo per la maggior parte dei disturbi mentali tra i quali la Fobia Sociale poiché presenta un’efficacia pari o superiore agli psicofarmaci, soprattutto nella prevenzione delle ricadute. Infatti, la sola terapia farmacologica, oltre a comportare elevate possibilità di ricaduta, non è sufficiente per la remissione totale dei sintomi poiché, a differenza della psicoterapia, interviene tendenzialmente sui sintomi fisici ma non sui pensieri e i comportamenti disfunzionali che sono i responsabili fattori di mantenimento di questo disturbo.
BIBLIOGRAFIA
- American Psychiatric Association, “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – 5 Edizione” (2013)
- Lorenzini R. e Sassaroli S., “La mente prigioniera” (2000)
- Lorenzini R., Sassaroli S., Ruggero G. M., “Psicoterapia cognitiva dell’ansia. Rimurginio, controllo ed evitamento” (2006)
- Perdighe C., Mancini F.,“Elementi di psicoterapia cognitiva” (2010)
- Wells A., “Trattamento cognitivo dei disturbi d’ansia” (1999)
Adolescenti “ribelli”: quando bisogna preoccuparsi?
INTRODUZIONE
Secondo recenti ricerche, l’adolescenza è quel periodo di tempo compreso tra i 10 e i 25 anni in cui accadono diversi cambiamenti fisici, psicologici, emotivi e socialiche contribuiscono alla formazione della personalità dell’individuo. A causa dei no
tevoli cambiamenti socioculturali tipici della nostra epoca, l’inizio della fase adolescenziale è di natura biologica mentre la sua fine è di natura socioculturale poiché, rispetto al passato, la pubertà insorge più precocemente mentre si allunga il periodo di transizione verso una posizione lavorativa soddisfacente e l’indipendenza economica.
Durante questo periodo caratterizzato da enormi potenzialità e da grandi rischi, il cervello cambia in base alle esperienze che compie a causa della neuroplasticità cerebrale, raggiungendo la piena maturità dopo i 20 anni. Infatti, si potenziano le connessioni tra il sistema limbico, area cerebrale formata da amigdala e ippocampo che è deputata alla produzione delle emozioni e tra la corteccia prefrontale che svolge l’attività di regolazione delle emozioni, della capacità di giudizio e della presa di decisione.
COMPORTAMENTI NELLA NORMA E PATOLOGICI
L’organizzazione mondiale della sanità ha affermato che il 75 % dei disturbi mentali si manifesta in maniera evidente entro i 25 anni, tendendo poi a stabilizzarsi e complicarsi in età adulta. In questo periodo infatti, la continua ricerca della novità può sfociare in un incremento esponenziale della mortalità dovuta a abuso di sostanze, suicidi, traumi accidentali legati a distrazioni ed episodi di violenza. A ciò, possono aggiungersi anche forme di disagio simili a quelle che troviamo tra gli adulti come ansia, depressione, disturbi alimentari, psicosi e disturbi di personalità.
Tuttavia, allo scopo di evitare falsi allarmi e di informare sui comportamenti a rischio che potrebbero compromettere la salute psicofisica degli adolescenti, è bene fare una distinzione tra i comportamenti tipici di questa fase della vita e i comportamenti per cui bisognerebbe iniziare a valutare la consulenza di un professionista della salute mentale.
Tra i comportamenti tipici che rientrano quindi nella norma, troviamo infatti:
- frequenti sbalzi d’umore;
- maggiore attenzione al proprio aspetto fisico;
- abbassamento temporaneo della motivazione e della prestazione;
- maggiore conflittualità familiare che si manifesta con polemiche e contestazioni;
- fumare per curiosità tabacco, droghe leggere e consumare alcolici;
- difficoltà scolastiche temporanee;
- manifestare interesse per il sesso;
- richiesta di maggiore privacy;
- aumento dell’interesse per la tecnologia e i social network;
- sonno alterato, desiderio di vivere di notte e dormire fino a tardi nel fine settimana.
Invece, è bene iniziare a preoccuparsi in presenza dei seguenti comportamenti atipici:
- malinconia persistente, pensieri depressivi o idee di suicidio;
- rigido perfezionismo e ideali di magrezza restrittivi e non reali;
- incapacità di portare a termine le attività quotidiane, i progetti personali e le attività scolastiche;
- frequenti aggressioni fisiche e verbali, fughe da casa, marcata difficoltà a rispettare le regole;
- abuso di sostanze stupefacenti, alcolici e comportamenti conseguenti come spaccio, promiscuità sessuale e aggressività verso se stessi (es. autolesionismo) e verso gli altri;
- rifiuto o abbandono scolastico, bocciature, essere bullo o vittima di bullismo;
- gravidanze indesiderate, sessualità impulsiva e rischio di contrarre malattie veneree;
- scarsa o assente comunicazione in famiglia seguita da isolamento;
- trascorrere molte ore al computer e dare priorità alle relazioni virtuali;
- dormire tutto il giorno, stare svegli tutta la notte, saltare i pasti, arrivare abitualmente tardi a scuola e non portare a termine i progetti.
TRATTAMENTO
Se l’adolescente manifesta uno o più dei precedenti segnali d’allarme e tali comportamenti stanno compromettendo la sua qualità della vita, è fortemente consigliato di rivolgersi ad uno psicoterapeuta specializzato in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale (CBT). Infatti la CBT ci aiuterà a comprendere i motivi per cui i bambini e i ragazzi mettono in atto i comportamenti trasgressivi, a sviluppare più empatia nei confronti degli altri, a gestire le emozioni come la rabbia, tollerare la frustrazione e modulare l’aggressività. Inoltre, considerato lo stretto rapporto tra turbe adolescenziali e il trauma psicologico, è consigliato integrare la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale con il Trattamento EMDR e la Flash Technique.
BIBLIOGRAFIA
- Casalini M., Bartoli F., Crocamo C., Dakanalis A., Clerici M., Carrà G.,“Disentangling the Association Between Child Abuse and Eating Disorders: A Systematic Review and Meta-Analysis” (2016)
- Del Piero L. B., Saxbe D. E., Margolin G., “Basic emotion processing and the adolescent brain: Task demands, analytic approaches, and trajectories of changes” (2016)
- Goldstein M., Griffiths S., .Rayner K., Podkowka J., Bateman J. E., Wallis A., Thornton C. E., “The effectiveness of family-based treatment for full and partial adolescent anorexia nervosa in an independent private practice setting: Clinical outcomes” (2016)
- Kim K. J., Gerber J., “The Effectiveness of Reintegrative Shaming and Restorative Justice Conferences.Focusing on Juvenile Offenders’ Perceptions in Australian Reintegrative Shaming Experiments” (2012)
- Lock J., La Via M.C., American Academy of Child and Adolescent Psychiatry (AACAP) Committee on Quality Issues (CQI), “Practice parameter for the assessment and treatment of children and adolescents with eating disorders” (2016)
- Patel V., Flisher A. J., Hetrick S., Mc Gorry P., “Mental health of young people: a global public-health challenge” (2007)
- Pepping C. A., Duvenage M., Cronin T. J., Lyons A., “Adolescent mindfulness and psychopathology: The role of emotion regulation” (2016)
- Quaderni di psicoterapia cognitiva n. 39 (2016)
Riconoscere un partner narcisista e liberarsene
Molte persone presentano tratti di personalità narcisistica ma, solo quando questi tratti risultano rigidi e persistenti, causando problemi a livello sociale, personale, lavorativo e relazionale, parliamo di un disturbo di personalità.
Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, il disturbo narcisistico di personalità può essere riconosciuto se la persona presenta un atteggiamento di grandiosità nella fantasia e nel comportamento, unito ad una perenne necessità di ammirazione e mancanza di empatia. Questo disturbo inizia nella prima età adulta ed è caratterizzato da almeno cinque o più dei seguenti criteri. Tra questi sono presenti il senso grandioso di importanza (es. esagerando talenti e sentendosi superiore senza reali motivazioni), le continue fantasie di successo, fascino, potere o bellezza e la convinzione di essere unico e di poter essere compreso e di frequentare esclusivamente persone di classe sociale elevata. Inoltre, si riscontrano anche diversi atteggiamenti tra i quali la richiesta di un’eccessiva ammirazione, l’irragionevole aspettativa di avere un trattamento speciale o che le proprie aspettative siano immediatamente soddisfatte, lo sfruttare i rapporti con gli altri per raggiungere i propri bisogni (soprattutto a livello sentimentale), la costante presenza di invidia o il pensare che gli altri lo invidino e un’eccessiva arroganza e presunzione.
Tuttavia, per capire se ci troviamo di fronte ad un narcisista, è consigliato focalizzarsi sui suoi comportamenti, imparando soprattutto ad accorgersi a cosa accade dentro di sé quando abbiamo a che fare con lui. Infatti, secondo la letteratura, il narcisismo può essere overt o covert. Il narcisismo overt, conosciuto anche come narcisismo attivo, si ritrova in quelle persone che hanno diverse fantasie di grandiosità, necessitano di un forte bisogno di ammirazione e sono convinte di essere speciali e superiori. A ciò, si aggiungono sia una perenne ossessione verso il successo sia un costante bisogno di controllare e comandare. Inoltre, la persona narcisista si riserva poco tempo per le necessità degli altri che vengono visti come uno specchio per soddisfare i propri bisogni. Per questi motivi, l’altro si sentirà triste, deluso e soprattutto trasparente. Infatti, l’intimità e la vicinanza emotiva, oltre ad essere evitate, appaiono molto superficiali e portano l’altro a reagire con sentimenti di inadeguatezza e di autosvalutazione. Inoltre, non è infrequente la violenza fisica e psicologica unita alla tendenza al tradimento che creano paura, frustrazione, incredulità e sfiducia nel partner.
Il secondo tipo, definito narcisismo passivo o covert, solo in apparenza sembra caratterizzato da sentimenti d’inferiorità poiché il bisogno di sentirsi potenti e di essere ammirati, pur essendo presenti, sono ricercati in modo nascosto. Infatti queste persone, temendo gli insuccessi ed essendo particolarmente sensibili al giudizio degli altri, evitano di esporsi, rifugiandosi in un atteggiamento di vittimismo. Ciò porta il partner a farsi carico del benessere altrui fino a quando, non appena proverà ad esprimere i propri bisogni personali, sarà incline a sperimentare un forte senso di colpa e di vergogna per non essere stato presente e per non aver esaudito le richieste del narcisista.
Se si è incappati in una relazione con una persona narcisista e la vostra vita appare come un caos, bisogna sapere che aspettare che lui cambi per voi, continuando a soffrire inutilmente, non è la strada giusta da percorrere. Infatti, non si sta male per come la persona narcisista si comporta ma per le motivazioni per cui è stata scelta e per cui si continua ancora a frequentare. La vostra sofferenza dipende dunque dalle ragioni per cui ci si ostina a non mollare la presa e che dovrebbero essere esplorate ed affrontate attraverso una psicoterapia cognitivo comportamentale.
BIBLIOGRAFIA
- American Psychiatric Association, “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – 5° Edizione” (2013)
- Behary W. T., Parpaglione E., “Disarmare il narcisista. Sopravvivi all’egocentrico e migliora la tua vita” (2012)
- Carcione A., Semerari A., “Il narcisismo e i suoi disturbi. La terapia metacognitiva interpersonale” (2018)
- Dimaggio G., “L’illusione del narcisista. La malattia nella grande vita” (2016)
- Salvatore G., Carcione A., Dimaggio G., “Schemi interpersonali nel disturbo narcisistico di personalità: la centralità della scarsa agentività e della dipendenza. Implicazioni per la relazione terapeutica” Cognitivismo Clinico (2012)
- Semerari A., Dimaggio G., “I disturbi di personalità: modelli e trattamento” (2003)
Come si comporta un bravo terapeuta in seduta?
In qualità di terapeuta comprendo pienamente i dubbi e le paure delle persone che in preda alla sofferenza scelgono di affidarsi ad un professionista sconosciuto (altro…)
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